STRAGE DI ULIVI PER LA CENTRALE SNAM
di Mario Pizzola – Sono 317 gli alberi di ulivo tagliati dalla Snam per la costruzione della centrale di compressione a Case Pente. Il dato viene direttamente dal Dipartimento Agricoltura della Regione Abruzzo in seguito all’accesso agli atti da parte del coordinamento Per il clima Fuori dal Fossile di Sulmona. L’autorizzazione all’abbattimento è stata rilasciata dalla Regioneperché l’opera è considerata di “pubblica utilità”, anche se essa non ha nulla di utile né per l’Italia né tanto meno per i territori attraversati dalla Linea Adriatica. I consumi di metano, infatti, sono ai minimi storici, intorno a 60 miliardi di metri cubi, quando 20 anni fa se ne consumavano oltre 86 miliardi. Le attuali infrastrutture metanifere assicurano una disponibilità tecnica di gas che (escludendo le importazioni dalla Russia) va oltre i 100 miliardi di metri cubi. Pertanto, più che costruire nuovi impianti, bisognerebbe cominciare a dismettere quelli superflui.
Perché i 317 alberi di ulivo sono stati abbattuti e non espiantati e ricollocati come è avvenuto in Puglia per il Tap? Il taglio è comunque illegale perché i lavori della centrale sono stati avviati senza aver prima adempiuto, come prevede la V.I.A., alle prescrizioni ante operam e proseguiti con autorizzazione acostruire ormai decaduta.
Agli ulivi occorre aggiungere i numerosi alberi da frutta che sono stati eliminati in precedenza per far posto alla centrale. Questo scempio è solo un’anticipazione del disastro ambientale ed ecologico che si abbatterà sulle aree appenniniche attraversate dal metanodotto. Il Gruppo Unitario Foreste Italiane ha calcolato che l’interramento del gasdotto, con l’apertura delle nuove piste di accesso in montagna e le piazze di cantiere, comporterà l’abbattimento di milioni di alberi. Ciò in quanto buona parte dei 430 km del tracciato da Sulmona a Minerbio sono aree boschive. Il Servizio Programmazione Forestale della Regione Umbria ha attestato al riguardo che, per la sola Umbria, “l’opera porterà ad una sottrazione dell’habitat naturale valutabile, con approssimazione di ampio difetto, in non meno di 750 ettari”.
A finire sotto le motoseghe e le ruspe della Snam non saranno solo i boschi dell’Appennino ma anche tutte le coltivazioni arboree che si trovano lungo il tracciato: uliveti, frutteti, vigneti e quant’altro sarà di “intralcio” al metanodotto. Considerando anche la fascia diservitù (40 metri, 20 per lato), nella sola Valle Peligna andranno persi circa cento ettari di terreno agricolo. La Provincia dell’Aquila e una parte di quella di Pescara saranno attraversate dal metanodotto per 106 Km. Ciò significherà la perdita di centinaia di ettari non solo di terreni agricoli ma anche di boschi. In diverse aree, come a Paganica, la presenza molto estesa dell’uso civico con le relative tartufaie rappresenta una consistente risorsa per la popolazione locale; una risorsa che sarà pesantemente colpita dalla Snam. Nel Comune di Popoli l’attraversamento del metanodotto interessa non solo aree di uso civico ma anche quello che costituisce il più grande bacino imbrifero della Regione. Il progetto Snam prevede un tunnel di 1,6 km tra Popoli e Collepietro, il che comporta un elevato rischio di alterazione della falda idrica.
Siamo di fronte ad un disastro senza precedenti. Neppure sotto l’aspetto occupazionale vi sarà alcun beneficio perché l’opera, dal costo di 2 miliardi e 500 milioni di euro, sarà realizzata con maestranze altamente specializzate provenienti da fuori – come già si vede con la centrale di Sulmona – e le “compensazioni” della Snam, a fronte dei notevoli profitti che essa ne ricaverà, sono semplicemente ridicole. Tutto ciò sta avvenendo grazie al comportamento irresponsabile e al silenzio complice dei nostri rappresentanti istituzionali che sono stati eletti per tutelare il nostro territorio e non per lasciarlo distruggere, con conseguente ulteriore depauperamento economico e sociale delle aree interne.