PARLANDO ANCORA DI SANITÀ

di Gianvincenzo D’Andrea – Il generale disinteresse per la crisi ingravescente del Servizio Sanitario Nazionale continua ad essere un mistero inspiegabile.
Sopratutto stupisce la rassegnazione dei cittadini fragili, economicamente deboli o che vivono nelle aree regionali più svantaggiate per iquali la tutela della salute come diritto costituzionalmente garantito rischia di diventare un miraggio. Una medicina territoriale che funziona sempre peggio, itempi di attesa per esami e visite specialistiche che si allungano
inaccettabilmente ( compromettendo i risultati delle cure ), l’intasamento dei Pronto Soccorso sguarniti del personale necessario che, a ragione, si trasferisce in reparti con turni di lavoro meno stressanti o nella Sanità Privata ed anche all’estero (dove viene pagato molto meglio); questi sono fatti di cui si parla da tempo sui mezzi di informazione senza che vi sia una forte presa di coscienza da parte della popolazione che sembra sostanzialmente indifferente alla perdita dei vantaggi ,( in termini di salute e non solo!), offerti a tutti dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
La riduzione progressiva dei finanziamenti statali ( degli anni passati ma anche di
oggi ), con le pesanti conseguenze sul piano organizzativo generale, sta portando la Sanità Pubblica verso una crisi irreversibile con evidenti ripercussioni sul benessere dei cittadini ed anche sulle loro disponibilità economiche giacché essi sono costretti a pagare di tasca propria le prestazioni sanitarie di cui hanno bisogno per poterne fruire in tempi brevi.
Una precisa esposizione della situazione sanitaria del nostro Paese è stata fatta da Nino Cartabellotta ,Presidente della Fondazione GIMBE, nel corso di una recente audizione presso la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati .
In quell’occasione Cartabellotta,  tra le altre cose, ha illustrato come la crisi del SSN stia incidendo sensibilmente sull’aspettativa di vita della popolazione italiana .
Prendendo come riferimento l’anno 2022 l’Italia continua a mantenere una buona posizione fra i paesi EU (con un’aspettativa di 83,2 anni rispetto alla media europea di 79,8 anni) ma è scivolata dal quarto al sesto posto. Inoltre fra le nazioni OCSE è passata dal terzo posto nel 2022 al nono posto nel 2023.
Ma l’elemento più preoccupante, secondo Cartabellotta, è rappresentato dall’allargamento del divario fra la media nazionale dell’aspettativa di vita e quella delle regioni meridionali, segno inequivocabile dell’impatto, in quelle realtà, del difficoltoso o impossibile accesso alle cure mediche per popolazioni peraltro avvantaggiate da condizioni climatiche ed alimentari e da qualità dell’aria e stili di vita migliori.
Un’ulteriore elemento di preoccupazione rispetto a quanto appena detto è fornita, infine, dal dato che compara l’aspettativa di vita dei residenti nelle città capoluogo di provincia rispetto al resto del territorio; ebbene in questo caso la differenza registrata è di quasi 2 anni.
Ovvero le realtà urbane, che per la densità di popolazione hanno una maggiore rappresentatività politica, in una situazione di penuria di risorse economiche come quella attuale, riescono meglio a incidere sulle scelte politico-istituzionali capaci di soddisfare i propri bisogni di cure .
In conclusione, oggi in Italia si hanno le cure migliori e si vive tanto più a lungo quanto più si è vicini alle strutture che possono offrire agli utenti i servizi sanitari necessari.
A questo punto viene da chiedersi: ma se tutto quel che ho riportato sopra si è verificato nel giro di pochi anni c o s a può succedere in un lasso di tempo più lungo? La risposta non è difficile e forse è il caso di capire che tutti, e dico tutti, dovremmo fare in modo che nell’agenda politica del governo vengano inseriti dei provvedimenti economici capaci di salvare e rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale quale modello organizzativo per garantire il diritto alla salute come bene universale.
Qualche anno fa in Francia, aseguito di un provvedimento governativo che aumentava il prezzo dei carburanti ci sono state violente proteste durate mesi (i gilets gialli !) ma in Italia di fronte alla grave situazione della Sanità Pubblica ed alla evidente inerzia delle istituzioni non si
registrano clamorosi cenni di dissenso.
Ora ,però, giunti al punto di non ritorno ,servono fatti concreti perché in assenza di finanziamenti adeguati la Sanità Pubblica andrà a fondo ed a pagarne lo scotto saranno sopratutto quei cittadini che piu hanno bisogno di cure mediche, quelli di oggi e sopratutto quelli di domani

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