IL SETTORE BIOLOGICO È SOTTO MINACCIA E MERITA UNA PROTEZIONE ADEGUATA (seconda parte)

 Il Ministero delle Politiche Agricole, guidato da Francesco Lollobrigida, è intervenuto sul decreto soprannominato “Ammazza bio” dopo un’inchiesta della rivista Il Salvagente. Sebbene siano state introdotte alcune modifiche, permangono criticità significative. 

Le modifiche apportate dal ministero eliminano la sanzione per la presenza accidentale di pesticidi in tracce negli alimenti biologici, purché sotto una concentrazione di 0,01 mg/kg. Inoltre, non si richiede più ai coltivatori di garantire che contaminazioni simili non si ripetano. Sono stati rimossi i riferimenti a “tracce” nel decreto, evitando il blocco degli alimenti biologici per livelli infinitesimali.

Nonostante ciò, rimane un punto controverso: l’articolo 5 del decreto consente la tolleranza di pesticidi in quantità maggiori, inedita per il settore biologico. Questo include il glifosato, classificato come probabile cancerogeno dall’Iarc-Oms, con limiti fino a venti volte superiori a quelli precedentemente consentiti in alcune colture.

Dopo le critiche al decreto “Ammazza bio”, il ministero ha eliminato alcune rigidità, come il divieto per contaminazioni accidentali minime. Tuttavia, resta la possibilità di tollerare livelli elevati di pesticidi, incluso il glifosato, compromettendo la credibilità del biologico. Le associazioni di categoria accolgono parzialmente le modifiche, ma i consumatori restano penalizzati.

Gli studi dell’Istituto Ramazzini, illustrati dalla dottoressa Fiorella Belpoggi, confermano gli effetti tossici e cancerogeni del glifosato. Speriamo che i decisori politici dell’UE prenda atto di queste evidenze, sospendendo l’autorizzazione per altri dieci anni all’uso di questo controverso erbicida.

Nelle nostre farine, inoltre, non è presente solo glifosato: anche nei campioni che ne sono privi, si riscontrano fino a sette tipi di residui di altri pesticidi, come nel caso delle farine Lidl Belbake e Barilla 00. Questi risultati ci portano a valutazioni non oltre la classificazione di “Buono”. Possiamo quindi affermare che il grano tenero utilizzato per le farine testate è stato sottoposto a diversi trattamenti fitosanitari, come emerge dalle tracce lasciate nei prodotti finali.

A completare il quadro preoccupante delle analisi, sono state rilevate anche micotossine. Pur con livelli accettabili per le tossine T2 e HT2, desta preoccupazione l’ocratossina A, una tossina del grano che presenta un elevato profilo di rischio, tanto da avere un limite di legge stringente (inferiore a 3 mcg/kg). Il test ha rilevato valori fino a 0,59 mcg/kg nel campione Lidl Belbake.

In sintesi, le analisi delineano un quadro poco rassicurante: questo è il test con i risultati peggiori tra i tre eseguiti da Il Salvagente sulle farine negli ultimi dieci anni. 

Poiché una parte significativa del grano tenero viene importata, le pratiche agricole e i regolamenti sui pesticidi nei paesi d’origine influenzano la qualità delle farine italiane. Le normative europee, infatti, potrebbero non essere sempre rispettate nei prodotti importati, aumentando il rischio di contaminazione.

Tra i campioni analizzati, solo Coop e Farchioni dichiarano un’origine 100% italiana della materia prima. A differenza della pasta di semola, per la farina non è obbligatorio indicare la provenienza del grano, ma considerando che la produzione italiana di grano tenero copre solo il 30-35% del fabbisogno (in base alla stagione), è facile dedurre che la restante parte sia importata da paesi come Francia, Germania, Austria e Ungheria, oltre che da Stati Uniti, Canada e, in misura minore, Ucraina e Russia (che insieme coprono circa il 4% del consumo nazionale).

Secondo i dati di Italmopa, associazione che rappresenta l’industria molitoria italiana, nel 2023 sono state lavorate 4.146.000 tonnellate di frumento tenero, con un aumento del 2,1% rispetto al 2022. Di queste, 295.000 tonnellate (poco più del 7%) sono state destinate all’export, mentre la farina per il mercato interno (3.851.000 tonnellate) è stata utilizzata principalmente per la produzione di pane (2.350.000 tonnellate), seguita dai comparti di pasticceria (801.000 tonnellate), pizzeria (395.000 tonnellate), uso domestico (210.000 tonnellate) e pasta (95.000 tonnellate). Rispetto al 2022, si registra una crescita nella domanda per la panificazione, le pizzerie e, in misura minore, per la pasticceria, mentre l’uso domestico, incrementato durante l’emergenza Covid (2020-21), è in calo.

Dal punto di vista economico, Italmopa prevede che nel 2023 il fatturato del comparto molitorio a frumento tenero raggiunga i 2,555 miliardi di euro, in calo del 14,7% rispetto ai 2,997 miliardi di euro del 2022. Questa riduzione è dovuta alla diminuzione dei prezzi delle farine (-14,5%), dei sottoprodotti della macinazione (-22,7%) e delle quotazioni del grano tenero (-25,6%), insieme a una riduzione dei costi energetici e logistici.

Secondo il report “Consumi alimentari delle famiglie 2023” di Ismea, la spesa per le farine è aumentata del 4,5% rispetto all’anno precedente, anche se i volumi acquistati sono diminuiti dell’1,7%. Doxa indica che la farina di grano tenero è la più acquistata, seguita da semola di grano duro, mix di farine (particolarmente apprezzati per la pizza) e farina di riso. Circa il 36% dei consumatori dichiara di acquistare farina una volta al mese, mentre il 27% solo poche volte all’anno.

Il quadro complessivo delle analisi mostra come il grano tenero utilizzato per queste farine sia stato spesso sottoposto a trattamenti fitosanitari e che la contaminazione da micotossine, seppur nei limiti di legge, rappresenti un rischio, in particolare per l’ocratossina A, una delle tossine del grano a maggior rischio.

In conclusione, le analisi sulle farine mostrano una realtà preoccupante per la sicurezza alimentare, evidenziando contaminazioni multiple, anche se nei limiti di legge. Questi risultati sollevano interrogativi sul livello di protezione dei consumatori e sull’importanza di adottare un approccio più rigido, che privilegi la salute pubblica e la trasparenza. La sfida rimane aperta: trovare un equilibrio tra produzione agricola e tutela della qualità dei nostri alimenti.

Nella foto le farine classificate dal primo al quarto posto hanno un punteggio basso (fonte il Salvagente)

 

Nella foto, le ultime due classificate

 

Riferimenti  

Due decreti, tre indicazioni diverse, un risultato: così si ammazza il bio

https://www.gamberorosso.it/notizie/decreto-biologico-glifosato-wwf-lollobrigida/

https://ilsalvagente.it/sfogliatore/reader/?prodid=235631

 

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