I RICHIAMI STORICI NON SONO IL FORTE DELLA SENATRICE GRILLINA DI GIROLAMO
di Luigi Liberatore
Caro direttore,
Scrivo a lei perché nuora intenda. Ho letto la replica della senatrice Gabriella Di Girolamo al mio primitivo intervento nel quale citavo il caso Dreyfus in armonia con la interrogazione parlamentare depositata dalla senatrice per far luce sulla assunzione di Massimiliano Ferrini. Ho capito dal lungo e complicato incedere dello scritto mandato alla sua attenzione che la senatrice deve possedere una certa durezza di spirito in quanto a richiami storici, eppure nel testo più elementare ad uso, almeno un tempo, delle medie superiori lo storico Giorgio Spini ha reso accessibile il significato di quella vicenda. La senatrice deve aver letto altro e non aver compreso l’accostamento. O devo essermi espresso male…Sono andato a leggere sul sito istituzionale la sua attività di senatrice della Repubblica in sette anni di “pontificato”. Ebbene, al di là di una kilometrica cosottoscrizione di iniziative parlamentari, tipo adesione da banchetto in piazza, e interventi in aula registrabili sulle dita di una mano, non ho trovato altro che potesse far di lei un “faro” per la Valle peligna. Facevo presente che lei occupa lo scranno che fu anche di Amintore Fanfani. Inutile accostamento storico, perché avrei dovuto dirle che il suo collega procedeva alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, alla riforma della scuola, a un piano mostruoso di costruzioni di case popolari. Volevo spiegarle che un senatore della Repubblica ha altro di cui occuparsi e non correre dietro a un ragazzo appena laureato per metterlo sul banco degli imputati perché non possiede il “distintivo” di giornalista. Caro direttore, ho chiesto alla senatrice se il marito sia il suo portaborse in senso istituzionale dal momento che non solo io ma la intera comunità di Sulmona lo vede al suo fianco anche nelle cerimonie ufficiali. Non c’era nessun intento scandalistico al di là di un riferimento monotematico al colore delle sue camicie che voleva appunto essere un elemento di “colore” nell’insieme di una vicenda che davvero sbiadisce. La senatrice non ha risposto. Come non ha espresso giudizi sui trecentomila euro che il movimento elargiva al comico Grillo. Soldi che si vorrebbero di estrazione privata ma che ad un esame più approfondito sanno pure di “mano” pubblica. Egregio direttore, se ho commesso sgarbi istituzionali o personali mi riprenda. So che non può licenziarmi perché non sono al soldo di Reteabruzzo in quanto non sono al libro paga del giornale. Lo riferisca alla senatrice e le dica pure che le offese che mi ha recato con le sue espressioni io le accetto come carezze verbali!