RECCHIONE, QUEL GENIALE PITTORE DELL’800 CHE VISSE TRA PALENA E PESCOSTANZO

di Luigi Liberatore – E’ stato un grande, e come tanti artisti spesso ammantati da personale riserbo, ha dovuto attendere perché gli fosse tributato il giusto riconoscimento e la collocazione, appunto, tra i grandi. Soprattuto in patria, in Abruzzo, alle falde della Maiella che ha ispirato tanti suoi dipinti. Oreste Recchione, abruzzese fino al midollo, è stato un pittore geniale dell’Ottocento, di solida scuola, soprattuto quella che si ispira al “vivo” per cogliere il “vero” ed ha intessuto amicizie artistiche con un altro grande di confini, Teofilo Patini. L’inizio della riscoperta dell’artista, almeno per quanto riguarda l’Abruzzo, quella stabile coi richiami storici e critici si deve a Cosimo Savastano ma per una di quelle singolari circostanze in cui si tira in ballo il caso. Savastano ebbe l’intuito di fidarsi di un parente di Oreste Recchione che fece addirittura prepotenza sul critico di Castel di Sangro affinché se ne occupasse: vedi, diceva, ho appeso in casa un quadro di un mio antenato che scatena la curiosità di chiunque lo osservi: “Bello, ma chi l’ha dipinto?”. Alla pubblicistica fiorita attorno a questo grande pittore, si aggiunge quella portata a termine nel giugno di quest’anno da Pasquale Del Cimmuto, storico, intellettuale e finissimo poeta di Pescocostanzo, per la Carsa Edizioni, dal titolo “Riscoperte e inediti”. Devo rubarvi un pochino di attenzione, miei sparuti lettori, non per me ma per il “costruttore” di questa pubblicazione che mentre cerca di retrocedere rispetto all’artista emerge lui stesso affiancando il pittore. Quindi siate, almeno solo per lui, pazienti e disponibili alla lettura. Del Cimmuto sofferma la sua indagine, condotta con rigore storico, su una serie di quadri, pochissimi davvero rispetto all produzione complessiva di Oreste Recchione, da cui sa ricavare preziose immagini critiche che sollevano il pittore “dall’ ombra della conoscenza”. Vorrei possedere la levità di linguaggio di Pasquale Del Cimmuto per trasportarvi nel mondo della pittura evocato dall’artista. Prendo come emblematico un quadro esaminato da Del Cimmuto: “Le rive del Sangro-l’approssimarsi del temporale”. È un olio su tela che possiede un non so che di sontuoso e maestoso allo stesso tempo, che per forza di immagini può richiamare in musica soltanto la sesta sinfonia di Beethoven, il quarto movimento della “Pastorale” , ciò l’approssimarsi del temporale. Un invito: andate a procurarvi questa pubblicazione di Pasquale Del Cimmuto. Avrete a che fare con due artisti di pregio indiscusso: con lui e con Oreste Recchione che di Pescocostanzo tramandano bellezze creative. In coda una mia osservazione. Si dice che Virgilio dettasse per sé l’epitaffio: “Mantua me genuit, calabri rapuere, tenet nunc parthenope “. Sento di poter dire che Oreste Recchione nacque a Palena, visse a Pescocostanzo, morì a Napoli. Grande coi grandi anche per questo.