ASPETTANDO PARTHENOPE

di Massimo Di Paolo – Il neorealismo italiano, sugli schermi del cinema, non muore mai. Dopo l’ultimo Festival di Venezia e seguendo le notizie di “romacinemafestival”, sembra che stia vivendo una seconda giovinezza. Certo sono lontani i tempi di Sciuscià, di Ladri di biciclette, di Riso amaro, di Roma città aperta, come pure profondamente cambiati sono i contesti storico sociali. Certo è che la carrellata, tutta italiana di produzioni recenti, oggi come allora, descrivono le dinamiche interiori e personali correlate ad un divenire sociale complesso, difficile, spesso cattivo. “Libri & Visioni”, cogliendone i significati, vuole suggerire e presentare una carrellata di opere recenti alcune già in sala ed altre in uscita prossimamente.  Ogni scelta è di per sé un limite con cui fare i conti, ma è anche l’unica modalità per affrontare dubbi ed esprimere un’opinione. 

In sala: di Maura Delpero, Vermiglio. Molto sponsorizzato dall’intellettualismo di sinistra -Natalia Aspesi si è spesa forse troppo sulle pagine del “il venerdì” di Repubblica- è un’opera che fa vivere immersi in emozioni antiche. Una rappresentazione di uno spaccato di vita che vuole suggerirci dimensioni religiose ormai perse, in un contesto di regole di vita molto lontane dal presente. Relazioni apparentemente semplici, quelle della famiglia narrata, che creano il contesto al film con una serie di significati nascosti e ambivalenti che rendono la visione faticosa, impegnativa con un ritmo lento pari al tempo che scorre a   Vermiglio paese di montagna del Trentino-Alto Adige. Film difficile per lettura e ritmo ma bello per fotografia, storia e recitazione di attori alla loro prima volta. Leone d’Argento al Festival di Venezia scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar 2025. La storia di un mondo ormai passato, una condizione contadina povera e brutale ma con i primi segni dell’evoluzione culturale. Liturgie di significati e di vite che fanno fatica a fiorire. Mondi personali, intimi, sempre segreti e nascosti; storia di patriarcato che governa, protegge e assegna i destini. Il contesto: ultimo anno della Seconda guerra mondiale, il rientro dal fronte: le ricomposizioni familiari e le tragedie che ne determinano le rotture. La regia di gran livello.

Su Netflix prossimamente: Il Treno dei Bambini, film di Cristina Comencini.  Da piangere: sempre il dopoguerra come contesto. Narra dell’incontro-abbraccio dei bambini del Sud che arrivano alla stazione di Modena accolti dalle famiglie Emiliane pronte a tenerli e ad amarli. Corale, ricco di simbologia propria di un’Emilia combattente, già matura per affrontare il dopo-guerra con i codici dell’altruismo, della cooperazione, della solidarietà che permangono ancora oggi. Opera pregnante in un tempo di “autonomia differenziata” e della messa in discussione della Carta costituzionale. Obbligatoria la visione nelle scuole per ricordare, risvegliare, ri-piantare il sentimento profondo dell’ITALIA UNITA. Forse un nuovo “Novecento” alla Bernardo Bertolucci, ancora e certamente utile e necessario. Non solo per cinefili.

Di altro genere ma sempre correlato alla descrizione di un contesto sociale, questa volta attualissimo e disturbante, Familia, film di Francesco Costabile in sala da settembre.  Storia vera, senza sconti né posizioni ideologiche. Presentato a Venezia tra commozione e applausi. Violenza nascosta, poi forte ed esplicita in tutti i significati della violenza familiare. Tratto dall’autobiografia di Luigi Celeste “Non sarà sempre così” edito da Piemme. Una rappresentazione di come evolve l’escalation di comportamenti aggressivi, lesivi, di annullamento individuale e familiare. La narrazione e la movimentazione emotiva rappresentata, in maniera straordinaria, da un cast che fa immedesimare lo spettatore nel mondo interiore e comportamentale dei personaggi. Fotografia cruda, ravvicinata soffocante. 

A questo punto verrebbe da dire e Parthenope?  È presto: lo stiamo aspettando. 

Attesissimo il nuovo e ultimo film di Paolo Sorrentino, In arrivo nelle sale il 24 Ottobre. Ne parleremo certamente, con un assolo all’altezza delle aspettative con la certezza che, nel frattempo, Fabietto, ascoltando le raccomandazioni di Capuano in “È stata la mano di Dio”, non si è disunito.