L’ALLEVATORE LEOMBRUNI AL ROGO, COME AI TEMPI DELL’INQUISIZIONE: RITORNO AI TEMPI BUI
di Cristina Panzeri – Mi riferisco all’articolo pubblicato in data 9 ottobre:
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e corre l’obbligo di precisazioni e controdeduzioni rispetto alla descrizione dei fatti per comprendere, quanto le azioni commesse da Leombruni Andrea, per cui è aperto procedimento penale, siano gravi.
Il Leombruni non ha solo ucciso a fucilate un’orsa: ha ucciso a fucilate l’orsa Amarena, nome che nell’articolo viene definito come soprannome o vezzeggiativo, ma con cui era nota al mondo.
Il Leombruni non ha solo ammazzato un’orsa: ha ammazzato la femmina più prolifica della specie orso bruno marsicano, specie a rischio di estinzione, specie la cui residua presenza, oltre all’insostituibile ruolo ecologico, è fonte di turismo e conseguente benessere per un’area assai vasta del territorio abruzzese e per chi vi abita.
Il Leombruni non ha solo sfogato il suo odio, ben noto in precedenza, contro un esemplare di orso: ha tolto la vita ad un’orsa accompagnata da due cuccioli.
Il Leombruni non ha solo fatto fuoco contro un’orsa: le ha sparato alle spalle, utilizzando un proiettile calibro 12 realizzato artigianalmente dalla potenza offensiva elevatissima.
Il Leombruni non ha solo imbracciato un fucile a casaccio: rilevata la presenza dell’orsa nel suo pollaio, anziché allertare gli enti preposti, fortunatamente presenti in loco e intervenuti subito dopo lo sparo, ha scientemente recuperato l’arma, il proiettile appositamente realizzato, ha preso la giusta mira e l’ha fucilata.
Il Leombruni non si è sentito minacciato e non ha agito per difendersi: la perizia balistica e la ricostruzione dei fatti che la Procura ha reso noti non lasciano dubbio alcuno sull’intento di uccidere sparando alle spalle mentre l’orsa, un animale assolutamente noto per la sua mansuetudine, si stava allontanando.
Il Leombruni, non più cacciatore, aveva a disposizione un vero e proprio arsenale che non ha esitato ad impiegare, sparando ad altezza uomo, come il secondo capo di imputazione ben rappresenta: la sua pericolosità sociale è, certamente, da considerare.
Il Leombruni ha raccontato una serie di falsità e fandonie nel puerile, quanto stupido tentativo di alleggerire la propria posizione: chi racconta falsità e fandonie, incapace di assumere la responsabilità delle proprie azioni, non è altro che un essere bugiardo e pavido, indegno di ogni considerazione.
Il Leombruni non ha mostrato pentimento o rammarico per aver scelto la morte, anziché di agire civilmente chiamando le forze dell’ordine; nemmeno poteva dirsi colto alla sprovvista, considerato il pollaio fatiscente e la presenza in zona dell’orsa nota da giorni.
L’articolista è libero di esprimere solidarietà a chicchessia, ma si astenga dal travisare i gravi fatti in un inutile tentativo di alleggerire le responsabilità del Leombruni.
Sempre che l’articolista conosca, davvero, i fatti: il Leombruni non è allevatore, bensì macellaio.
Io, personalmente, sono vicina alla gente d’Abruzzo che ho conosciuto e ho visto piangere per Amarena.
Io, personalmente, sono vicina a tutte le cittadine e i cittadini che hanno protetto negli anni Amarena e le sue cucciolate, ma nulla hanno potuto contro Leombruni.
Io, personalmente, sono vicina a quella parte di compaesani del Leombruni, che si vergognano del loro concittadino.
Io, personalmente, sono vicina al personale del Pnalm, che spende la propria vita ben oltre il dovere per tutelare l’orso bruno marsicano e che in Amarena aveva trovato una speranza di incidere positivamente sulla ripresa della specie.
Del clima omicida, francamente, non vedo traccia: lo stillicidio giuridico è inesistente, dato che chi commette reato è, fortunatamente, passibile di indagine, processo e ci auguriamo condanna; dello stillicidio mediatico si faccia colpa a social e in egual misura ai media che del sensazionalismo, dell’aggressione verbale e dei toni veementi fanno la regola, qualsiasi sia il fatto di cronaca, pur di attirare l’attenzione dell’utenza.
Differentemente dai tempi dell’inquisizione, che lei con allegra disinvoltura richiama, Leombruni non è mai visto negare alcun diritto, né tantomeno è stato oggetto di una indagine arbitraria.
“Chi è causa del suo mal pianga se stesso”: a farci tornare ai tempi bui del grilletto facile è stato solo il Leombruni.
Brava Cristina ..la lunghezza non importa è il contenuto che conta e Tu hai rappresentato magnificamente quello che è accaduto.
Lo potevi scrivere più lungo
Dove vive questa ?
È vicina alle genti d’abruzzo, ma chi la conosce ?
Un altra che dal suo salotto difende la natura a casa degli altri ed insegna a noi poveri indigeni come vivere .