LA SCUOLA IN VENDITA

di Massimo Di Paolo – 4 anni più 2 negli Istituti Tecnici e nei professionali e si va verso i quattro anni per tutto il secondo ciclo scolastico, quello delle cosiddette Scuole superiori. Alla fine ce l’hanno fatta: a tornare a una scuola di classe dove con l’ascia si taglia il diritto allo studio, i principi di uguaglianza e di pari opportunità sociale ed economica. Una riforma in due soli articoli quella presentata dal Governo per dire che chi è dentro è dentro chi è fuori resterà fuori. La scuola della classe dirigente da una parte e la scuola per la filiera produttiva dall’altra. Questo in sintesi quello che sta avvenendo alla Scuola pubblica italiana che, nonostante tutto, nel corso dei decenni, con sforzi disumani e con incertezze costanti, ha mantenuto e salvaguardato la formazione, la tutela, la crescita dei giovani verso forme di cittadinanza consapevole .

Un assalto alla Bastiglia quello che sta avvenendo verso la Scuola pubblica tagliando l’ultimo anno di studi delle superiori all’insegna della menzogna e della manipolazione. La cosiddetta riforma 4+2 degli istituti tecnici e professionali sono la risposta del liberismo politico più sfrenato che soddisfa i bisogni di quelle forze economiche, industriali e di potere che chiedono mano d’opera a spese dello Stato, sollevando imprenditori, industriali e apparati, dal costo fisso della formazione e della preparazione di addetti specializzati per i cicli lavorativi. Una nuova Baviera si diceva: a scapito e sulla pelle dei più bisognosi, tagliando la permanenza in ambienti educativi soprattutto alle classi meno agiate, a quei giovani che hanno maggior bisogno di tutela, conoscenza, formazione culturale. A fronte di un disagio giovanile esplosivo si sopprime il tempo scuola l’unica roccaforte educativa, di integrazione e di socializzazione spalmata, nonostante tutto, su tutto il territorio nazionale. Non una  Scuola sensibile al mercato del lavoro ma assoggettata alle “imprese” in una logica neoliberista che vuole vedere la vita del cittadino meno fortunato nelle catene produttive dai 19 ai 70 anni.  Ci si aspettava altro.

Il mondo della Scuola, delle professioni educative e le evidenze sociali, chiedevano altro. Occorreva troppo coraggio per riqualificare la Scuola italiana. Il governo ha preferito il taglio delle spese con  una amputazione radicale togliendo l’ultimo anno di corso forse il più importante e significativo per il futuro percorso di vita di ogni giovane. Lo stanno facendo senza anestesia, a crudo, con la collusione dei sindacati, della gran parte della “dirigenza scolastica” e con le rappresentanze dirigenziali periferiche ormai sotto pressione con un governo dalla maieutica “cadorniana”. La Scuola di classe chiesta a gran voce dagli apparati di rappresentanza del tessuto imprenditoriale. Ogni Scuola, dovrà poi mettere le pezze sui pantaloni con l’utilizzo dell’autonomia adattando il curriculo locale. Tutto per ottenere la “Scuola dei territori” e non la Scuola pubblica di Stato fermamente radicalizzata sui sani principi dell’inclusività, dell’uguaglianza e della conoscenza.

Una deregolamentazione dei percorsi nazionali con un attacco esplicito al valore legale del titolo di studio. Un dato tra i tanti: 20% in meno di insegnanti per gli organici di sostegno. Questa la realtà che viene nascosta. Resta da vedere la “Resistenza” dei Collegi Docenti delle singole Scuole e dei Dirigenti illuminati. A oggi la forzatura per un atto d’imperio del governo non è nascosta. Tutti tacciono, anche i sindacati storici degli insegnanti, tranne forse qualche sommesso bisbiglio. Forse il botto arriverà quando toccherà ai Licei perdere l’ultimo anno – tra pochissimo, considerando la Legge depositata appena il 26 febbraio 2024 alla Camera-. Forse solo allora l’intellighenzia sarà in grado di parlare attraverso i quotidiani di parte, vedasi il Corriere della Sera, e quella stampa  appiattita sui ceti ricco-borghesi.

La politica dei quadriennali la chiamano -e a ragione- tutte quelle forze che hanno interessi sulla nascita degli ITS -Istituti tecnici Superiori- sparsi per l’Italia e presenti anche in Abruzzo. Buona cosa, cammini formativi professionalizzanti utili e necessari per giovani in grado di scegliere il proprio percorso al termine dei cinque anni di Scuola superiore: tecnica ma non solo. Diversa cosa è la cesoia proposta per avere il pienone sulle iscrizioni degli ITS tagliando di un anno il giusto, opportuno e essenziale percorso di studi superiori.

C’è dell’altro. Gli Istituti Tecnici Superiori nascono attraverso l’assemblaggio di Fondazioni, Università, Enti locali e rappresentanze d’Impresa. Non sono enti di beneficenza, rispondono a valutazioni economiche e di finanziamento pubblico molto irrobustito ultimamente con il PNRR. Più iscritti, più denaro e più collocazione di risorse professionali scelte non certo con sistemi concorsuali o ad evidenza pubblica. Gli ITS dovrebbero garantire collocazione lavorativa al termine dei due anni di formazione tecnica e mantenere una congruenza con i tessuti imprenditoriali territoriali. L’impatto in Regioni virtuose è stato buono, vedasi Veneto ed Emilia Romagna, ben diverso il risultato nel Centro Sud d’Italia dove vige il “familismo amorale” per la ricerca di un posto di lavoro e dove molto spesso gli indirizzi degli ITS non sono congruenti con i reali tessuti economici locali e con i bisogni di sviluppo locale.

Chi guadagna e chi perde? Certamente i gruppi di fondazione con le le sedi centrali che gestiscono economie molto significative, potere e controllo. Le sedi periferiche apportano risorse con iscrizioni racimolando qualche obolo malamente distribuito e qualche conoscenza di probabile utilità. Questo è. Le politiche di periferia, pressate dalle criticità locali e sempre poco edotte ed informate, scambiano lucciole per lanterne barattando il destino di ragazzi, spesso svantaggiati, con i più beceri interessi di categoria.

One thought on “LA SCUOLA IN VENDITA

  • Senza una riforma del lavoro e dell’educazione, possiamo solo guardare cosa abbiamo conseguito fino adesso e dove siamo socialmente.
    Gira e rigira non si risolvono i problemi di base perché le istituzioni e la politica sono inceppate e incapaci a reagire.
    E c’è solo chi perde per ora.

    Risposta

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