CARTOLINE DAL FRONTE
di Massimo Di Paolo – Ogni libro nasconde tanti significati. Quelli personali e intimi legati all’animo di chi lo scrive e quelli che i lettori proiettano sui contenuti, le immagini, i documenti che il testo propone. Di fatto, sono incontri tra storie che avvengono in un contesto simbolico che prende vita nella mente del lettore. Storie narrate e storie rappresentate. Ancora di più quest’incontro avviene sfogliando e leggendo “Cartoline dal fronte” ideato, scritto e curato da Fabio Di Fonso edito Il Viaggiatore. La presentazione nella cornice più adatta e più significativa che si potesse scegliere per un’opera di tale raffinatezza, complessità e argomentazione: L’Archivio di Stato di Sulmona.
Certamente un testo ad indirizzo storico-documentale che racchiude una narrazione unica per originalità e approccio, retta da una collezione preziosissima di cartoline scritte dai luoghi della I Guerra Mondiale e raccolte con anni di dedizione, studio e ricerca dell’autore. Ma non resta un semplice, se pur complesso, momento di storiografia sviluppato su documenti rari per contenuti e testimonianze. La storia della Grande Guerra, dal 1915 al 1918, narrata attraverso le cartoline in franchigia,spedite dai soldati in trincea, diventa opera emotiva, di rappresentazione umana che trascende i tradizionali codici. Un libro di storia patria certamente, ma divergente per tipologia e per assemblaggio dei contenuti, tra la narrazione del conflitto, la ricostruzione di un settore strategico quale fu il servizio postale militare e l’incanto dato dalla visione di cartoline autografe, alcune bellissime nella dimensione grafica, narranti aspetti che travalicano la componente bellica della guerra. Non solo lettura,ma quasi una proiezione mentale, un “super-otto” virato seppia che coinvolge il lettore in un processo di scoperta, sorpresa e rappresentazione sentimentale.
Libro tra Storia militare e Storia sociale che, nei processi di narrazione, ricostruisce e rappresenta momenti e campi di battaglia, molti dei quali sconosciuti ai più. Ma verrebbe da dire che per godere appieno di “Cartoline dal fronte” la lettura e l’approccio debba essere pluridisciplinare, oltrepassando i soli significati storici e del collezionismo di rango, per poterne rintracciare i significati nascosti di grande significatività. Tempi di guerra quelli narrati da Fabio Di Fonso nella sua opera,attraverso sequenze di date, riferimenti militari, di luoghi e di contesto, molti dei quali rappresentati in trasparenza attraverso gli scritti dei soldati: alle famiglie, alle madri e ai padri, alle amate, ai fratelli, agli amici. Campi di battaglia interiori andrebbe detto, più accessibili con i codici psicanalitici, utili e necessari per cogliere le dimensioni di dolore, di solitudine che appaiono nelle testimoniate scritte in Cartoline dal fronte. Bello, coinvolgente ma anche struggente quello che si prova immedesimandosi nella lettura delle cartoline: la questione meridionale in tutta la sua drammaticità, la differenza tra classi sociali, la rottura dei legami affettivi, la rimozione della morte sotto l’effetto della propaganda di guerra e le donne, in uno stato di attesa perenne, insieme al bisogno di sapere, di tranquillizzare, di nascondere. Materiale mai retorico, in grado di superare la dicotomia “sconfitta–vittoria”, correlati alla disfatta di Caporetto e all’armistizio di Villa Giusti, sempre invece impregnato di quelle dimensioni umane portatrici di sofferenza, sradicamento e speranza. Di fatto è la descrizione di ogni guerra, quella dell’opera di Fabio Di Fonso, che testimonia l’annichilimento delle dimensioni personali del soldato al fronte, ieri come oggi, rendendo attuali le grida di battaglia che ci piace raccogliere tra i documenti di “Cartoline dal fronte” e che fanno cosi: Carissimi genitori, stasera aspettavo vostre notizie; Cara mamma, qui abbiamo la neve; Mia cara consorte ancora oggi ti scrivo; Carissima sposa ieri sera o ricevuto la tua lettera; Mia cara Andreina; 29.3.1918 Carissimo papà son già 4 giorni che mi trovo…
Carissima sposa ieri sera o ricevuto la tua lettera;
Carissima sposa ieri sera o ricevuto la tua lettera;
La dicitura e’ quella originale riportata in cartolina.
L’errore della “o anziché ho” può essere attribuito, qualora c’è ne fosse bisogno, al diffuso basso livello di alfabetizzazione delle truppe di allora in trincea e/o alla precarietà generale che si viveva anche mentre si scriveva.