UN CAMPO DI LIBRI

Cesidio Colantonio, talent scout di Campo di Giove, ha dimostrato ancora una volta di essere una figura poliedrica, capace di unire la passione per il calcio con l’amore per la scrittura. Domenica scorsa, presso il suggestivo Palazzo Tabassi a Sulmona, Colantonio ha presentato le sue sette pubblicazioni, spaziando tra racconti che intrecciano sport e vita, avventura e riflessione personale.

L’evento ha visto la partecipazione del professore Giuseppe Massaro e dell’editore Jacopo Lupi, che hanno dialogato con l’autore, esplorando le profonde tematiche presenti nelle sue opere.

Tra i libri presentati, “Rosso e Jasè”, un racconto avvincente di collaborazione e di ricerca emotiva nel mondo del calcio, dove Jasè, un personaggio introverso e insicuro, rappresenta una passione sportiva che va oltre l’aspetto fisico, radicandosi nel cuore.

Un’altra opera significativa è “I figli di Annibale”, una raccolta di quarantatré racconti che oscillano tra vita, sport e avventura, seguita da “Il terzo tempo del Tikrit”, una collezione di ottantasette storie che esplorano il confine tra fantasia e realtà. Il protagonista di Tikrit è ispirato dallo stesso Colantonio, riflettendo aspetti della sua esperienza personale.

In “Da qualche parte vicino al mare”, l’autore ci accompagna in un lungo viaggio alla ricerca di un talento croato, affrontando ostacoli e difficoltà, mentre in “Un calcio alla Luna” Colantonio esplora la vita attraverso vividi racconti di provincia.

Un altro titolo, “Il campo indiano”, narra la struggente storia di amicizia tra Josè Junior e Pablo Mendes, due ragazzi che si promettono di diventare campioni. Infine, “Storie di calcio” è una raccolta di riflessioni in cui Colantonio intreccia il mestiere del talent scout con le sue esperienze di vita, guidato da una filosofia di umiltà e dedizione.

E’ stata un’occasione per riscoprire non solo il talento calcistico di Colantonio, ma anche il suo profondo amore per la narrazione. La scrittura, per lui, non è solo un mezzo per raccontare storie, ma un vero e proprio strumento di riflessione personale e collettiva.

Un campo di libri – Cesidio Colantonio

“Provare emozioni è bellissimo. È il vero gusto della vita. ‘La scrittura è la pittura della voce’ diceva Voltaire. È un modello che insegna a fare i conti con la fatica, la passione, sempre, con le bozze, con le parole tolte, aggiunte, rilette, cancellate, promuovendo l’attività mentale ed emotiva. La scrittura è libertà. Fa bene alle persone, ma anche a sé stessi. Tanti scrivono parole per creare emozioni. Io cerco di scrivere di emozioni che hanno trovato le parole. Ma è anche accorgermi di un’idea o di un pensiero che attende di germogliare una volta individuata la giusta formula. Me ne sono accorto realizzando i miei libri. Ogni volta ho intrapreso con la mente un viaggio capace di evidenziare i legami che esistono dietro i fatti, le persone, la collettività. Le parole risuonano con le nostre onde cerebrali e modificano il nostro cervello creando stati d’animo, facendo sedimentare le nostre memorie, consolidando le abitudini buone e meno buone, plasmandoci a un livello subconscio nell’arco delle nostre giornate. Rubiamo le parole, imprigioniamole e fissiamole sulla carta prima che svaniscano nell’aria. Questa è la missione divina dello scrittore. Una cultura che sappia distinguersi dall’esercizio accademico e che, travalicando i recinti, investa e fecondi la società per accendere emozioni e nel cui scatto emotivo possa rispecchiarsi la collettività. In questo caso la cultura si fa amore civico, solidarismo, coesione sociale attraverso la scrittura. La stessa ha un potere motivazionale perché ci fa emozionare. L’emozione, dal latino ‘emovere’, scuotere, agitare, descrive uno spostamento in ciò che scuotiamo. La cultura evidenzia una profonda dicotomia tra mente e corpo, trasmettendo emozioni culturali come elemento educativo. Farlo può coniugarsi felicemente con il sostenere la cultura e l’arte. Fare cultura promuovendo, come stasera, la lettura. Leggere non significa letteralmente comprendere, ma si possono apprezzare letture nel gioco più bello che l’umanità abbia mai inventato. Leggendo, scriveva Cesare Pavese, non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. I libri vanno letti sempre, perché ci leggono, ci fanno viaggiare con la mente ed evidenziano i fatti che ci sono dietro i fatti, le persone, le cose e la collettività. Perché alla fine questo è il bello della scrittura: portare il lettore a immaginare, a vivere qualcosa di reale ma nello stesso tempo anche di fantastico”.

(Foto di Donato D’Amico)

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