IL RUOLO CRUCIALE DELLA GESTIONE CONSERVATIVA DEI CERVI, ECCO IL PARERE DI ESPERTI DI SETTORE
Nel 2020, dopo oltre 25 anni di attesa, il Consiglio Regionale dell’Abruzzo ha finalmente approvato il nuovo Piano Faunistico Venatorio Regionale (PFVR), redatto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Il piano, descritto da Franco Recchia, biologo tecnico faunistico e collaboratore ISPRA, include misure dettagliate per una gestione sostenibile delle popolazioni di cervo in Abruzzo, dove la crescita della specie ha iniziato a creare problemi di sicurezza pubblica e impatti negativi sull’ambiente. “Il piano rappresenta un passaggio fondamentale per garantire una gestione equilibrata del territorio e proteggere la biodiversità,” sottolinea Recchia.
Stefano Mattioli, esperto internazionale del Deer Specialist Group dell’IUCN, sottolinea come la gestione delle popolazioni di cervo non sia soltanto necessaria per ridurre i danni all’agricoltura e prevenire incidenti stradali, ma anche per evitare conflitti ecologici con altre specie protette. “Le alte densità di cervi competono con altre specie come il camoscio appenninico e l’orso bruno marsicano per le risorse alimentari, mettendo a rischio la loro sopravvivenza,” spiega Mattioli, evidenziando la necessità di un approccio conservativo e scientifico per bilanciare la fauna selvatica.
Mauro Ferri, medico veterinario e faunista, aggiunge che “l’incremento del numero di cervi in Abruzzo ha effetti tangibili anche sulle coltivazioni, mettendo in difficoltà gli agricoltori locali, oltre a rappresentare un pericolo nelle aree urbane.” L’urbanizzazione dei cervi, infatti, è diventata un problema crescente. Roberto Viganò, dello Studio Associato AlpVet, conferma: “Nelle località come Villalago e Villetta Barrea, la presenza eccessiva di cervi nei centri abitati sta alterando il comportamento naturale degli animali e creando situazioni di rischio per la popolazione.”
Il PFVR, che è stato sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e a Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA), include anche importanti studi sugli impatti del cervo sulle altre specie. Piergiuseppe Meneguz, professore associato all’Università di Torino, descrive come le interazioni tra cervo e camoscio appenninico abbiano dimostrato che le popolazioni di cervo influiscono negativamente sull’alimentazione delle femmine di camoscio, riducendo la loro capacità di sopravvivenza e la mortalità dei giovani nati. “La competizione per le risorse alimentari sta influenzando negativamente la conservazione del camoscio in aree dove le due specie condividono lo stesso habitat”, dichiara Meneguz.
Sandro Lovari, professore emerito ed ex ordinario dell’Università di Siena, sottolinea che il cervo, se non gestito adeguatamente, rischia di diventare un elemento limitante per altre specie vulnerabili. “Gli impatti sull’orso bruno marsicano sono particolarmente preoccupanti, poiché la sovrapposizione alimentare può ridurre la disponibilità di risorse essenziali per l’orso, soprattutto nei periodi critici prima del letargo,” osserva Lovari.
Anche Marco Apollonio, professore ordinario dell’Università di Sassari, sostiene che una gestione attiva e regolamentata delle popolazioni di cervo sia indispensabile. “Una popolazione fiorente come quella dei cervi in Abruzzo, che supera i 7.000 individui, può sostenere un prelievo conservativo senza mettere a rischio la specie, ma al contempo garantendo la protezione delle altre specie e riducendo i conflitti con l’uomo,” conclude Apollonio, rimarcando l’importanza del monitoraggio continuo per garantire una gestione faunistica sostenibile.
Il PFVR pone le basi per una gestione equilibrata del cervo in Abruzzo, tenendo conto non solo della sostenibilità ambientale, ma anche della sicurezza pubblica e della protezione della biodiversità. Il prelievo regolamentato, insieme ad altre misure di gestione, rappresenta una risposta concreta a un problema sempre più urgente, e i dati raccolti fino ad oggi giustificano l’urgenza di un’azione coordinata e scientificamente supportata. (d.ver.)
Nessuno (Mattioli, Ferri, Lovari, Meneguz) degli intervistati si espone entrando nel merito del COME. Apollonio parla genericamente di “prelievo” che non è detto che significhi automaticamente “sparo con armi da fuoco”. Credo che sugli effetti di un popolazione di cervo in ecosistemi fortemente alterati dall’uomo, sono più o meno tutti, d’accordo. E’ sul COME affrontare il problema che le distinzioni emergono.
Sono assolutamente contrario all’abbattimento é compito e dovere dell’uomo agire con saggezza… Se per prelievo si intende spostare in are adatte, con la presenza del lupo sono assolutamente d’accordo.
Per cui prima si potrebbero catturare, selezionandoli, e trasferire altrove, in uno dei tanti gruppi montuosi, specialmente del centro sud, dove la specie è ancora del tutto assente!!!
Il controllo della popolazione dei Cervi deve avvenire per forza attraverso una lucrosa CARNEFICINA? Emeriti Profedsori, specilisti e Geni tutti perché mon spemete le meningi per trovare una o più alternative alla morte cruenta di queste creature? Creature, ma che dico? Per voi somo solo un PRONLEMA e basta.
Questo esperto dice questo, quell’esperto dice quello. Che barzelletta. Dov’è la ricerca peer-reviewed? Ognuno ha un’opinione e le opinioni non sono fatti.
Perché non introdurre in Abruzzo il cervo italico come via fatto in Calabria.