L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA IN ABRUZZO

di Massimo Di Paolo – Era un folletto in quel di Varese tra il comico, il giullare e Robespierre. Poi il vento popolare portò Umberto Bossi ad aggregare piazze, folle e ideologi lombardi. Il più quotato era Gianfranco Miglio che trasformò il “ce l’abbiamo duro” in teorie partigiane che germogliarono nella Lega lombarda.Nel 1984 nacque il partito antisistema: promuoveva l’indipendentismo in opposizione allo Stato centrale. Si passò da “secessione” a “devolution” fino ad arrivare all’”autonomia differenziata”. Sfugge ai molti che la radice fu innaffiata dal centrosinistra parlamentare. Nel 2001 Giuliano Amato con il governo da lui guidato, propose e fece approvare la riforma del Titolo V della Costituzione. I poteri delle Regioni furono ampliati e le basi della riforma definite. Oggi, Elly Schlein, -a cui si comincia a voler bene, più per la sua dimensione di ragazza mascotte un po’ sognatrice, che non per quella da leader- fa finta di non sapere insieme a tutti i navigati gladiatori di sinistra che la circondano. Il via libera alla “differenziata” è stato dato Mercoledì 19 giugno 2024. La Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge presentato proprio dal leghista Calderoli con 172 voti favorevoli, 99 contrari e un solo astenuto. L’Autonomia differenziata delle regioni è dunque legge. Non è un bruscolino nell’occhio quello che il vento di destra ha soffiato. È cosa ben diversa che richiederà anni per valutarne gli effetti, sicuramente né banali né impercettibili. Qualcuno dall’alto di Pontida sta gridando “era ora”! Enfatizzando il peggio che si possa dire contro il Sud della nostra Italia: inefficiente, malavitoso, colabrodo; dalla burocrazia soffocante, vecchio per gestione e conduzione della cosa pubblica. Per i “lumbard” e le regioni del Nord è una riforma storica.  I fatti sono seri assai. La legge stabilisce il trasferimento delle competenze e pur cercando di avviare un confronto tra Regioni e governo, le condizioni di partenza sono quelle che sono: diverse per ogni Regione e per ogni ambito amministrativo. Intanto forti le contrapposizioni politiche di merito e di sostanza con un centrosinistra che ha annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale e avviato la raccolta firme per un referendum abrogativo a fronte di un centrodestra -a trazione leghista- che l’ha voluta e la tiene alta come vessillo. Si comincia a parlare di trasferimento di competenze e di Livelli essenziali delle prestazioni – una sorta di valutazionedell’efficienza dei servizi per i cittadini -. Viene in mente la Scuola pubblica italiana che, a distanza di anni, ancora non riesce a barcamenarsi sul concetto di competenza e sui livelli di apprendimento degli alunni. E se proprio la Scuola dovesse anticipare le funzionalità dell’Autonomia differenziata per i maggiori servizi pubblici come sanità, trasporti, giustizia ecc. viene la pelle d’oca. E allora possiamo capire Luigi Zaia, governatore del Veneto, che la vede come “riforma storica” la “Autonomia differenziata regionale”, un’anteprima di federalismo alla tedesca; possiamo capire i governatori di area opposta, come Alessandra Todde alla guida della Sardegna, che vede la riforma come il diavolo vede l’acqua santa.

Ma il nostro Presidente che ne dice? Il Presidente della Regione Abruzzo Marsilio, avrà chiaro le condizioni che si stanno definendo per le Regioni più povere o meno fornite per tradizione autonomista ed efficienza amministrativa? Non a caso il PD regionale ha aperto una campagna durissima con dati alla mano sulla collocazione dell’Abruzzo per livelli di servizio e forza economica. I sondaggi -elaborati da Fondazione GIMBE e CGIA su dati del ministero del lavoro, della sanità ecc.- non suggeriscono sonni tranquilli. La variazione del Pil tra il 2019 e il 2024 in Abruzzo è risultata pari a -0,23, penultima regione in Italia seguita solo dall’Umbria. Si proprio così: la Calabria, la Sardegna, la Basilicata, il Molise hanno avuto un incremento positivo e nettamente migliore del nostro Abruzzo. E se ci fermiamo a dare un’occhiata ai Livelli essenziali di assistenza sanitaria le cose sono a dir poco drammatiche. L’Abruzzo, a cui noi vogliamo bene, che portiamo nel nostro cuore tra poetica, narrazioni e miti, si colloca all’ultimo posto in Italia conquistando un differenziale negativo pari allo – 30,86 come incremento tra i Lea del 2021-2022. Non sono bruscolini i dati e i significati che esprimono. Una condizione di regressione economica e di efficienza di servizi che non trova riscontro tra le regioni italiane. Poi possiamo anche parlare della restanza dei giovani o della resilienza degli abruzzesi ma è un’altra cosa. Possiamo parlare di convegni, giostre, di libri, di poetica, di cultura ma è un’altra cosa. La condizione che si affaccia all’orizzonte vuole e impone un innalzamento dei livelli di autonomia, di capacità progettuali, di investimenti e di qualità amministrativa che allo stato attuale l’Abruzzo non ha, con ricadute negative su settori vitali come il mercato del lavoro, la sanità, le infrastrutture, i grandi investimenti, le scuole. E, ancora di più, con ulteriori rischi di abbandono per le aree interne. Tra le tante osservazioni fatte ce ne è una che rischia di sfuggire: nelle Regioni più povere e meno efficienti, con l’Autonomia regionale differenziata, verrebbe ad essere colpita l’uguaglianza tra i territori con scelte politiche e processi sociali che le entroterre abruzzesi hanno già subito e vissuto.  Certamente, il rischio che si possano innescare processi inarrestabili portatori di ulteriore povertà e disuguaglianze è alto. Soprattutto in quell’Abruzzo dove la dipendenza dallo Stato è stata l’anima della Politica locale e dove la competizione el’innovazione, non sono mai stati fattori virtuosi per il cambiamento. Intanto e purtroppo, dopo quaranta anni, sembra di sentire i leghisti discendenti di Gianfranco Miglio gridare a squarciagola: meridionali conigli, è sempre la stessa storia, a voi la … e a noi la gloria.

5 thoughts on “L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA IN ABRUZZO

  • i dati non sono tutti c’è dell’altro qualcosa meglio ma anche altro peggio. la realtà è che siamo tra le rioni più in difficoltà per governi passati che ci hanno portato nel profondo sud. quello attuale, al secondo mandato, dovrebbe rimettere le cose in ordine ma non è facile. il Pil e la sanità sono le cartine di tornasole ma se guardiamo ai trasporti agli insediamenti industriali al mercato del lavoro siamo ultimi, ancora ultimi caro Di Paolo.

  • Infatti occorrerebbe verificare da quanto iniziano a precipitare i numeri per trovare i colpevoli di una simile situazione abruzzese. Le giunte di sinistra e i caporioni presidenti di regione di marchio sinistroide che hanno creato gli Abruzzi quello della povertà e quello dei centri urbani fortunati. Le zonizzazioni dei territori con la destinazione dei servizi e la chiusura o la sopravvivenza delle aree interne non tutte alcune peggio delle altre! Altro che tabelle .

  • Che la situazione sanitaria abruzzese nel panorama nazionale non sia delle migliori è innegabile, ma è altrettanto vero che la sanità è già una materia derogata e testata (e questi i risultati) da anni dalle Regioni. La “nuova e ulteriore autonomia differenziata” legiferata avrà ambito su ben 23 materie “vecchie e nuove” e il vero problema per le Regioni “poverelle” come la nostra è proprio sulle nuove, una per tutte il federalismo fiscale, ed è questo il cavallo di Troia da “domare”.
    Poi, per favore, i dati diamoli completi e non fermiamoci a dare i “numeretti negativi” delle solo tabelle che ci interessa sponsorizzare: https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=123523. È bastevole indicare che nella tabella 3 adempimenti LEA variazioni anno 2022 – 2021 presa a riferimento, l’Abruzzo è si all’ultimo posto, in compagnia sorpassate da Calabria (-24,74), FVG (-23,13) e Molise (-17,48), ma analizzando le precedenti 2 tabelle e cioè: “tab.1 – Adempimenti Lea 2022″ e tab. 2 – Punteggio totale Lea 2022” le citate Regioni in nostra compagnia hanno indici del tutto diversi e in un certo senso maggiormente catastrofici che quelli abruzzesi, compresi gli andamenti di regione quali ad esempio FVG e Valle d’Aosta da un lato e la Sardegna dall’altro, che esce fuori che poi non sono Regioni messe poi tanto meglio rispetto a noi e qui lascio a lei riportarne i dati e i suoi commenti.
    La morale è che una sola analizzata tabella non fa primavera, specialmente in estate e con gli occhiali da sole ben calzati che ne oscurano la nitida lettura, analisi e corretta diffusione e informazione.

  • Quando in una famiglia i genitori lasciano i figli fare quello che gli pare, la famiglia si sgretola.

  • Siamo esattamente d’accordo con l’analisi del prof. Di Paolo seppur non è particolarmente accurato. Il primo attentato alla Costituzione che ha precipitato la Nazione nella tremenda jettatura dello statalismo e della terribile conseguenza della immane corruzione pubblica che ancora ci opprime è avvenuto con la 142/90, casualmente due anni prima dei fatti di Sicilia (ed il residuale Mattarella che la ha votata ancora propaga al popolo ;convinto; le sue continue belle strofette dal Quirinale) poi lo schifo del corvide Bassanini e successivamente il suo compare di stesso crimine socialista Amato con l’altro attentato al titolo quinto.
    I poveri barbari del Nord Italia li attendiamo con silenziosa comprensione e neanche li ascoltiamo in ogni iniziativa immaginaria che non altrimenti gli può proporre il rude ritardo biologo della mente a purtroppo causa del primitivo sangue germanico che ancora gli permane nelle vene (e si comprende dalla straordinaria inclinazione esogamica delle femmine). Altrimenti con la modernità dei nuovi tempi digitali ove ormai per confusione neanche più Putin è in grado di comprendere se ha intrapreso questa operazione militare speciale contro lo spazio territoriale oppure contro il correre del tempo, nel napoletano, ci dovremmo preoccupare di altre tardive stramberie che possa escogitare un equivalente Calderoli se ormai con le nuove possibilità degli imminenti anni, piuttosto che differenziare, si andrà nella conveniente direzione contraria della centralizzazione di un hub amministrativo unico per la intera nazione se non per la intera Europa se ormai con la profilazione matematica della intelligenza artificiale si può attuare una forma di amministrazione politica e sociale diversa secondo le uniche esigenze di ogni singolo cittadino. Questi sfortunati ridotti alla burocrazia, dovrebbero, tenere conto che stanno assoggettando una Italia che siede al G7, ad un ritardo tecnologico vergognoso anche in paragone a nazioni in via di sviluppo come in esempio la Georgia dove esistono lungi le strade colonnine, come al benzinaio, dove infili la carta di credito ed invece di fare benzina ci paghi le tasse che ti ha richiesto il calcolo del governo centrale con un SMS.

    4
    1

I commenti sono chiusi