SULL’AVENTINO TRA UNA VONGOLA E UNA PARANZA
di Massimo Di Paolo – Alcide De Gasperi scriveva “La politica come servizio” e certamente non intendeva un servizio a tavola tra una paranza e un piatto di vongole. Si dicevano garantisti i signori che hanno fin da subito sabotato gli impegni presi con gli elettori nelle ultime elezioni, con Liberamente Sulmona sul carro dei vincitori maculata di diritti, etica e grandi visioni. Si è già scritto sulla cenetta a base di pesce che ha scrollato dalle menzogne l’apparato fatto da pezzi della maggioranza e pezzi -relitti- della minoranza. Pezzi vogliamo sperare. Vogliamo sperare che a Sulmona, sui banchi che ospitano i rappresentanti della cittadinanza sulmonese, il gruppo Sbic e i restanti del M5Stelle possano avere la coscienza pulita, vogliamo credere che mantengano un rivolo di onestà e di coerenza originaria. Si è già scritto sulla vicenda dicevamo, con un taglio da diritto di cronaca, ma pensiamo che ci sia ancora spazio per qualche riflessione. È vero che in questi tempi non può più impressionarci nulla e d’altronde se un Presidente del Consiglio, leader di Fratelli d’Italia va a ricevere, all’aeroporto di Pratica di Mare, un ergastolano come Chico Forti perché dobbiamo tirarla per le lunghe se Vittorio Masci e Zavarella membri della minoranza (Sic) consiliare -e sempre esponenti di Fratelli d’Italia- mangiano un po’ di pesce fresco con Gianfranco, Claudio e Mimmo ormai, chiaramente, amici di merende? Forse, data anche la storia personale e professionale della bella tavolata, qualche malinteso sulla legalità è sfuggito. Le regole, mediate dalle leggi e dal loro rispetto, servono a strutturare la comunità. C’è dell’altro, si chiama Etica. L’Etica e le Leggi vanno a braccetto per una dimensione di civiltà, di libertà e di democrazia. Il voto, i processi elettorali, l’elezione, gli atti che ne scaturiscono, i presupposti amministrativi e gestionali sono regolati da norme e Leggi. La rappresentanza dei cittadini che ci hanno votato, le ideologie di riferimento, gli impegni, i programmi condivisi e il loro rispetto afferiscono all’Etica. Norberto Bobbio parlava di norme morali. La differenza tra un codice morale e un codice giuridico è che il primo ha sanzioni “interne”, mentre il secondo sanzioni istituzionalizzate. I politici scafati -e i nostri lo sono- sanno narcotizzare molto bene le sanzioni morali interne, sono affetti da alessitimia profonda: non sentono, dentro non hanno sensi di colpa, mai. Ebbene, a partire dal pranzetto, individuare i fondamenti etici nella storia dell’ultima amministrazione sulmonese resta ormai difficile. Ogni riferimento si nasconde e si confonde nelle paternali moralistiche e di disimpegno di Vittorio Masci in Consiglio comunale chiaramente uomo di maggioranza seduto con l’opposizione, o nelle assenze e nei silenzi di Zavarella aspirante assessore nel prossimo rim-pasto. Come pure le collocazioni ambivalenti del consigliere Di Benedetto, rappresentante quantomeno ombroso del PD sulmonese, che di sinistra ha certamente meno che niente e che meno che niente ha espresso nella gestione del mandato verso quei settori della città che aspettano e aspetteranno ancora. Cenare con il “nemico” non vuol dire niente ma può dire tutto. Anzi, sull’onda di un politically correct, sembra che il tutto sia stato ampiamente superato per entrare nell’incredibile. Le rappresentanze politiche sedute a quel tavolo da anni ormai stanno insegnando cose importanti ai giovani, alla cittadinanza onesta, ai sulmonesi con amor di Patria. Dicono che la partecipazione è un peso, le regole un orpello, che il bene comune è opinabile, che possono decidere da soli cosa è giusto e cosa non lo è, cosa e utile e cosa no. Sembra quasi che da quel tavolo si desse ragione a quella politica faccendiera che strizza l’occhio all’illegalità. Si fa fatica a non crederlo sapendo di rapporti professionali, di sedi legali di società, di interessi per sopraggiunti limiti di età. Lo diciamo con benevolenza, senza malizia perché per parlare si può anche non usare le Commissioni, gli appuntamenti di Consiglio o gli ambienti istituzionali. Nei paesini di montagna, opposizione e maggioranza si incontrano al bar; i nostri amici hanno preferito invece un localino marino per parlare del destino e degli appuntamenti dell’amministrazione – tra cui il Cogesa Spa- cosi tanto per gradire e per poter confrontarsi con più intimità, tra una cozzetta e un calamaretto. Chi parla male pensa male si potrebbe dire, ma certo è che chi pensa con arroganza agisce peggio. Quel cenacolo ha rappresentato il campo libero di chi non si fa tanti problemi e nemmeno mezzo scrupolo. Rappresenta il tentativo di mettere le mani -nuove- sulla città restando ben lontani dal lavoro, dall’impegno certosino e francescano per rimettere in ordine una comunità ormai sofferente. Non basta il cartellone estivo, panacea per ogni cosa, che distrae, rende stolti divertendo, allontana dalla prospettiva dolorosa i semplici, la plebe circense.
Se pensiamo alla sanità a Sulmona, ai trasporti, alla gestione dei rifiuti, alla manutenzione delle strade, del verde; alle scuole, agli impianti sportivi, ai servizi tutti fino arrivare ai bagni pubblici della Villa comunale, abbiamo la sensazione di una città che ha subito un trauma collettivo che non può essere curato dalla Psicologia ma dalla Politica. Ma la Psicologia ci ricorda che una realtà scaccia l’altra e dimenticare è naturale. La storia della coalizione che governa Sulmona ci ha aiutato a dimenticare il passato recente, le amministrazioni precedenti Di Piero, rendendole migliori di come erano state percepite e rendendoci consapevoli della drammaticità in cui siamo stati trascinati. Il Consiglio comunale, le commissioni sono diventate un gigantesco Aventino con ampi campi di manovra per chi tesse tele e promesse, accordi e mimetismi senza più ruoli, etica e morale. Tutto ben lontano dagli interessi collettivi. Alla prossima, prenotati cinque posti per “garantisti al sugo di scampi” né di destra né di sinistra ma speriamo soli. Quel buon tempone di Dante di primo acchito avrebbe prenotato un posto tra i golosi ma sapendo che sarebbero stati stretti e che non valeva la pena cercare in paradiso, con molta probabilità, avrebbe scelto l’opzione dell’antinferno, con gli ignavi che spiacciono a tutti: ai loro elettori, a chi non li ha votati, a quelli che hanno riconosciuto la dignità dei loro compiti e che a loro aveva affidato le speranze della Città.
Ma nella realtà sta avvenendo quello che si voleva un uomo in balia del pd e dei suoi consiglieri. Il progetto iniziale questo prevedeva e tutto si va realizzando. I pupi sono mossi da chi gestisce i fili e il manovratore muove i cavi finché e’ utile . Tutto previsto dalla scelta del sindaco agli affari da concludere.
Bravo Di Paolo? Ma de che? Una raffinatezza “abbuffata” (per restare in materia “culinaria”) di una tale varietà di pezze d’appoggio di stampo ucronico, prese a più mani e da più parti, tutte non minimamente collegate all’oggetto del dibattito.
L’unico espresso concetto semiserio che è più una “speranza già svanita” e “lo sperare che a Sulmona, sui banchi che ospitano “tutti” i rappresentanti della cittadinanza sulmonese, possano avere la coscienza pulita, vogliamo credere che mantengano un rivolo di onestà e di coerenza originaria”.
Purtroppo la città è drogata da decenni, controllata e abusata da una politica e a chi siede sui banchi gli sta bene così, e la colpa siamo sempre noi elettori.
«Ahi serva [Sulmona], di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!»
(Purgatorio, canto VI, vv. 76-78)
Bravo Di Paolo roba raffinata per pochi ma bella e mai superficiale tra una battuta e l’altra
Tutto senza nasconde la cruda realtà. Purtroppo.