TAMBERI E SINNER COSÌ DIVERSI COSÌ UGUALI
di Massimo Di Paolo – Due campioni, due talenti dell’Italia che fa sperare, ma soprattutto due personalità che esprimono la diversità, il proprio modo di essere. Due “sistemi”, due modelli per costruire ed interpretare la realtà. Oltre i risultati, oltre le vittorie e la straordinarietà delle loro imprese sportive, restano impresse le prossemiche, gli atteggiamenti, i modi di esprimere le loro gioie, le incertezze, i fallimenti. Forse sono le cose più importanti che entrambi lasciano: una scia di significati, di metafore, di simboli, di intimità. Gli appassionati guardano e commentano i risultati, il ranking, le competizioni, la tecnica. Ma tutti –anche i sedentari dello sport– quelli che non custodiscono una passione sportiva e che relegano le attività motorie a livelli di second’ordine, attratti prevalentemente dalla retorica della maglia azzurra, osservano i due campioni con compiacimento, condividendone i successi: ma forse anche il sogno nascosto di poter essere straordinari come loro. Sono proprio le differenti personalità che, tra i non addetti, creano le partigianerie. Sono proprio quelle piccole feritoie sul loro mondo personale e riservato che spingono a “guardarli dentro” a dare significati a immedesimarsi, a identificarsi con loro.
Ragazze, donne, giovani e meno giovani tutti fans di Giammarco e di Jannik. A pensarci bene, dopo averli visti, il Grande Slam, o quell’asticella molto al di sopra dei due metri, superata nei recenti Europei di Atletica Leggera, non servono più. Perdono significato, le loro dimensioni personali valgono di più: rappresentano un condensato di sogni, desideri, aspettative che tutti portiamo negli scantinati della nostra mente.
A guardarli si perde l’importanza della competizione restando attratti dalle loro movenze dalle loro “gesta” che diventano portatrici di bellezza, leggerezza, affinità, armonia. Due talenti, due giovani, due diversità. La consapevolezza riservata e priva di elementi di spettacolarizzazione quella di Sinner, diversa e in contrasto con la teatralità, le movenze, l’enfasi di Tamberi. Umiltà – reggo io l’ombrello, “non preoccuparti”, alla giovane raccattapalle –
riservatezza per il privato, essenzialità formale ma calda e rispettosa, anche dell’avversario, sempre. Dichiarazioni pensate, corrette, giuste per Jannik. Euforia, caoticità, irrequietezza, coinvolgimento del contesto: fiumi di emotività per “Gian”. Non è solo questo, ci sono le storie: familiari e personali; i diversi spazi geografici di appartenenza, gli usi e costumi di un’Italia lunga, sottile e diversa per cultura, senso del sacrificio, modelli relazionali, benessere. C’è anche lo sport e le differenze delle due discipline sportive poste agli antipodi per ricchezza, accesso alle carriere professionistiche e alle rappresentazioni popolari.
Arcipelago N, di Vittorio Lingiardi edito Einaudi: parla di come l’autostima -ancora di più per un campione sportivo – cammina sul filo teso retto da un sano amore di sé e la sua patologica celebrazione. Gli atleti manifestano grande bellezza come “Narciso” e possono esprimerla con arroganza o con timidezza navigando in un arcipelago di possibilità: successo, fallimento, depressione, vuoto, solitudine, insoddisfazione.
La conquista dell’identità, di Giovanni Jervis –indimenticabile mentore e Maestro- edizioni Feltrinelli. Tema al centro di molti dibattiti e in diversi ambienti: scuola, sport, lavoro, scelta di carriere. Libro splendido ed essenziale per capire le vicende di vita che portano, o aiutano ad essere, un grande talento: non solo nello sport.
Essere se stessi, essere diversi.