LE “PAROLE D’ABRUZZO” DI DANIELA D’ALIMONTE

Nella storia della letteratura ci sono celebri livres de chévet poggiati su illustri comodini (penso al manifesto del Decadentismo francese, À rebours di Huysmans, che Paul Valéry considerava addirittura una Bibbia); questo Parole d’Abruzzo di Daniela D’Alimonte (Pescara, Ianieri, 2023) è stato per me un livre de voyage (gran parte l’ho letto in treno) o livre de travail (gli ho dedicato il tempo rubato al lavoro). Certamente l’ho considerato una sorta di “breviario” e non soltanto per la sua forma maneggevole ma perché vi si compendiano alcuni dei termini più rappresentativi della “lingua” abruzzese, analizzati anche nella loro accezione storico-antropologica.

Daniela D’Alimonte ha all’attivo una carriera di rilievo: presso l’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, è cultrice di Dialettologia e Linguistica italiana (Facoltà di Lettere) e di Linguistica e linguaggi settoriali (Facoltà di Scienze Sociali); ha dato alle stampe studi storico-linguistici su Roccamorice, suo paese nativo (Il territorio di Roccamorice nelle fonti storiche, cartografiche e orali per l’Istituto di Studi Abruzzesi, Pescara, Tracce, 2007; Il Catasto onciario di Roccamorice 1743, con trascrizione integrale e analisi linguistica del documento, Villamagna, Tinari, 2011), sul Risorgimento abruzzese (Lettere minatorie del brigante Nicola Marino, appendice a Brigantaggio sulla Maiella, a cura dell’Archivio di Stato di Chieti, Villamagna, Tinari, 2011; Unità d’Italia e lingua italiana, in Il Risorgimento in Abruzzo, Cepagatti, Melarancio, 2011) e sul poeta roccolano Vincenzo De Meis (Vincenzo De Meis. La traduzione dell’Aminta di T. Tasso nel dialetto di Rocca Pia, Pescara, Tracce, 2008; Il Dante abruzzese di Vincenzo De Meis, Chieti, Tabula Fati, 2015). La sfida per una studiosa di tale livello, perfettamente a suo agio nella “scrittura scientifica”, è stata d’intraprendere un progetto di divulgazione in cui alla trattazione metodologica è preferita una narrazione colloquiale, senza tuttavia venir meno all’impegno e alla capillarità della sua ricerca.

Daniela D’Alimonte affronta topos importanti per l’Abruzzo come la Pastorizia (troviamo lu Tratture, il sentiero che conduceva in Puglia i nostri pastori, e la Mandre, il recinto entro cui si custodivano gli ovini) e la Pesca (lu Travocche, strumento alla base della nostra economia marittima, e la Scione, vortice di vento che assaliva i  naviganti) ma anche le prelibatezze culinarie come le Sagne, i Rustelle (i famosi arrosticini, chiamati anche Speducce), le Pizzelle e lu Parrozze (il tipico dolce creato da Luigi D’Amico al quale D’Annunzio dedicò un sonetto dialettale: «È ttante bbone stu parrozze nóve / che pare na pazzìe de San Ciatté / ch’avesse messe a su Gran Forne te’ / la terre lavurate da lu bbove…»). Altra particolarità della cultura abruzzese è la Conghe, recipiente a forma di clessidra che le donne, una volta riempito dell’acqua colta alla fonte, trasportavano con grande senso dell’equilibrio sul proprio capo, ma anche la Presendose, medaglione di filigrana spesso raffigurante due cuori che il giovanotto regalava alla promessa sposa. Che dire poi dei diversi modi di chiamare i fanciulli, come Quatrale o Bardasce…?

Come già accennato, l’autrice va oltre la semplice analisi linguistica (pure si rifà a importanti studiosi regionali, come Ernesto Giammarco, Gennaro Finamore e Marcello de Giovanni, ma anche internazionali, come il celebre Gerhard Rohlfs) per soffermarsi sulle radici storiche e antropologiche dei vari lessemi, e non di meno sulla loro presenza nelle opere dei nostri poeti: a proposito delle lucciole (le Luciacappelle) richiama i versi di Vittorio Clemente, quando rievoca il gioco della Scionnavelle (l’altalena) cita una poesia di Cesare de Titta, e, trattando il succitato Travocche, riporta il testo di una canzone di Giulio Sigismondi.

Speriamo di ritrovare Daniela D’Alimonte in un nuovo appuntamento che la veda provarsi ancora come “divulgatrice” dei dialetti d’Abruzzo e della civiltà (irrimediabilmente perduta? o forse ancora viva grazie a queste iniziative che si propongono di diffonderla al grande pubblico) che essi rappresentano.

 

 

Andrea Giampietro