FURBETTI DEL CARTELLINO, SETTE DIPENDENTI OTTENGONO IL RISARCIMENTO DAL COMUNE

Dopo il danno la beffa ed è ancora il Comune di Sulmona a dover pagare. Sette dipendenti dell’ente coinvolti nell’inchiesta sull’assenteismo a Palazzo San Francesco e poi prosciolti nel novembre 2020 dalla Corte dei Conti, nell’ambito del filone contabile dell’inchiesta, hanno chiesto e ottenuto un sostanzioso risarcimento. Si tratta dei dipendenti che erano stati scagionati dai giudici contabili i quali, dopo aver analizzato gli atti dell’inchiesta, avevano escluso per loro il danno erariale. Da qui la richiesta al Comune da parte dei dipendenti del rimborso delle spese sostenute per difendersi dalle accuse di assenteismo che erano state ipotizzate nei loro confronti dalla guardia di finanza che ha portato avanti la cosiddetta inchiesta sui “furbetti del cartellino”. Così la giunta comunale ha adottato una delibera che dà l’ok agli uffici comunali per liquidare la somma complessiva di 28mila euro ai sette, frutto di un accordo transattivo tra le parti. Un lungo contenzioso che si è chiuso con il provvedimento varato da sindaco e assessori sulla scorta della valutazione fatta dall’ufficio legale e dai competenti settori dirigenziali. Dei 275mila euro che erano stati richiesti dalla procura contabile ai diciotto imputati, alla fine è stato riconosciuto un risarcimento complessivo di 25.500 euro. A pesare era stata una sentenza della Corte costituzionale che aveva definito meglio l’importo massimo dovuto a titolo di danno all’immagine all’ente pubblico (riducendolo considerevolmente), ma anche e soprattutto l’assoluzione per insufficienza di prove o per tenuità del fatto o ancora per evidenti carenze investigative di undici dei diciotto ex dipendenti che erano stati sottoposti a procedimento da parte dei giudici contabili. Ed è proprio grazie ad un’inchiesta portata avanti male da parte degli investigatori e dai tanti ostacoli frapposti dai politici che si sono alternati alla guida dell’amministrazione e da qualche dirigente interessato a far si che l’inchiesta venisse insabbiata che, alla fine, gli avvocati hanno avuto i vita facile a far cadere il castello accusatorio con i piedi d’argilla che era stato messo su dai finanzieri nei confronti di molti dei 49 dipendenti finiti originariamente sul libro degli indagati. L’inchiesta, denominata “furbetti del cartellino”, ha avuto anche un filone disciplinare e uno penale, quest’ultimo si è chiuso in primo grado lo scorso 7 marzo, con quattro condanne.

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