CHIACCHIERANDO CON LA STORIA, INCONTRO CON L’ARTIGIANO GEREMIA PRESUTTI
Devo all’amico Aldo Di Pillo la conoscenza di Geremia Presutti, un artigiano novantenne di Pratola Peligna che, per oltre un’ora, mi tiene in piedi davanti a casa sua mentre lo intervisto con l’ausilio di un registratore, così che la memoria – per quanto “spugnosa” – non ceda a dimenticanze. Il suo sorriso (che per citare Pascoli – che a sua volta traduce Hugo – è «di color rosa / senza biancor di denti»), i suoi occhi chiari e gioviali, la sua voce flebile ma sostenuta dalla forza sorgiva del suo spirito, mi tengono incollato in un minimo spazio di asfalto. Geremia mi affida i ricordi più vividi della sua vicenda umana e professionale, senza risparmiarmi niente, caricandomi del privilegio di una testimonianza di vita.
Dice di ricordare benissimo i miei nonni materni, Attilio Giannantonio ed Erminia Liberatore, così come i miei prozii Attilio, Panfilo, Sergio e Umberto Liberatore (con quest’ultimo condivideva la militanza calcistica). Chissà che questo “biglietto di presentazione” tutto familiare non contribuisca ad aumentare la sua fiducia nel tipo importuno che lo induce a parlare…
Figlio d’arte (suo nonno e suo padre erano dei falegnami), Geremia eredita la professione paterna e per quasi vent’anni, dalla fine degli anni Cinquanta ai primi anni Settanta, lavora in Francia come ebanista (ma anche in Germania e addirittura in Canada, o meglio Canadà…). Tra i suoi lavori d’eccezione ci sono il restauro del castello del Petit Trianon a Versailles e quello del teatro della Comédie-Française, dove, mi racconta, era ancora presente la sedia di scena su cui morì Molière, durante la rappresentazione del Malato immaginario (Geremia sostiene invece che fu in occasione dell’Avaro). All’Hotel Ritz di Parigi ha modo di incontrare il cantante Charles Aznavour, il produttore d’armi Beretta e Giulia Maria Crespi, proprietaria del “Corriere della Sera”.
Mi racconta storie incredibili del mio paese: come quando Ignazio Silone giunse a Pratola per sostenere la candidatura dell’avvocato Rocco Santacroce (liberatore dei prigionieri angloamericani dal Campo 78 di Fonte d’Amore) alle prime elezioni politiche del dopoguerra, pronunciando, nel corso del comizio tenuto dalla finestra di Palazzo Meta, una frase lapidaria quanto profetica: «Tutto è deciso a Yalta»; o quando i nazisti, prima di fuggire dalle forze di liberazione, avevano fatto saltare in aria le attività produttive pratolane, tra cui la bottega di falegnameria di suo padre (con 30 kg di dinamite).
A un certo punto m’invita a salire nella sua bella casa («Tutte le cose in legno qui le ho fatte io», ci tiene a precisare). Percorre le tre rampe di scale con una sorprendente agilità, illustrandomi la copiosa serie di quadri alle pareti, molti dei quali sono dell’amico Antonio D’Acchille, stimato pittore pratolano. C’è anche la riproduzione di un dipinto di Renoir che mi suggerisce quanto poi mi sarà rivelato dalla sua biblioteca: il profondo amore per la cultura francese. Sugli scaffali della libreria, da lui stesso costruita, campeggiano le opere di Voltaire, Rousseau, Balzac, Stendhal, Hugo, Daudet, France, insieme alle copie di “Paris Match”, rivista a cui è abbonato da sempre. Di Hugo preferisce Novantatré a I Miserabili, mentre di Voltaire apprezza particolarmente L’uomo dai quaranta scudi, un racconto satirico contro il classismo e il potere tributario. Mi mostra il suo ricco campionario fotografico, come lo scatto che lo ritrae a Bagnoles-de-l’Orne, in Normandia, dove furono uccisi i fratelli Rosselli.
Alla fine ci salutiamo (è tempo ch’io lasci Geremia visto che si avvicina l’ora di cena) ma con la promessa di rivederci presto, di scambiarci altri ricordi, e chissà ch’io non finisca – so già che sarà così – per sorprendermi ancora delle innumerevoli, inaspettate storie che hanno percorso il mio paese. Perché anche la “storia” con la “s” minuscola produce le sue grandezze…
Andrea Giampietro
Complimenti, bellissimo articolo e bellissima storia