“RITORNO” A SCUOLA
di Massimo di Paolo – Inizia un nuovo anno scolastico e come ogni anno torna la kermesse di riflessioni, retorica e buoni propositi. Sui gruppi di -wa- di docenti, dirigenti scolastici, sindacati della scuola si scatena l’inno agli auguri per un buon anno scolastico: è un rituale scaramantico, una epifania che mette in soffitta il solleone e riapre il sipario su protagonisti e comprimari della Scuola italiana. Qualche giorno fa, in altri paesi, la Scuola ha riaperto con storie, valori e contesti diversi che, per contrapposizione, ci aiutano a riflettere su due aspetti fondamentali: il valore, con i relativi compiti istituzionali, che la Scuola deve avere e rinnovare; la rappresentazione delle richieste che la Scuola dovrebbe porre ai giovani che accoglie. In Ucrania è iniziato il secondo anno scolastico di guerra: a Kharkiv si studia nei sotterranei della metro, a Kyiv in presenza quando si può. Le scuole vicino al fronte restano chiuse. Il 76% delle scuole sono state provviste di rifugi -senza banchi con le rotelle. L’Unicef, dati alla mano, ci dice che solo un terzo dei bambini in Ucrania va a scuola. L’obiettivo di questi ultimi due anni è stato quello di strutturare una “normalità di guerra” ma non sempre la normalità, deformata dal 24 febbraio del 2022, è applicabile. Eppure sia in Ucrania che in Russia la scuola è iniziata con il “Giorno della conoscenza”. Sì anche in Russia, ma l’apertura è avvenuta in modo diverso. L’anno scolastico è stato inaugurato con una lezione di Vladimir Putin che ha tratteggiato la patria come invincibile e sacra. Un nuovo manuale di storia, scritto e riscritto, il dono per alunni e alunne. Una grande operazione per promuovere il patriottismo con una forte giustificazione storica per la guerra. Nuovo anno nuova scuola, per normalizzare una prossima partenza per il fronte. Una Scuola non volta a creare una normalità di guerra ma a rendere la guerra normale. In Italia, invece, continua la resilienza. Persiste il disordine nella definizione della mission della Scuola.
Tante le ipotesi, le prospettive, i suggeritori; una sovrapposizione di intenti, di azioni e di configurazioni prive di coraggio per una riforma radicale, da lacrime e sangue, per renderla adatta e rinnovata nei mezzi, nella visione, nella organizzazione, nella integrazione istituzionale e, soprattutto, nelle finalità. Un’obsolescenza affrontata con parole, dichiarazioni, decreti insipidi, spese scoordinate e prive di un progetto generale di rifondazione. Le ultime azioni: attese, concrete, evidenti e con un certo significato politico e amministrativo, dopo quaranta anni di ministri di sinistra, arrivano con un governo di destra. Gli intellettuali, sempre di sinistra, alcuni sindacati e i cosiddetti uomini di cultura, balbettano forme di critiche e di commenti privi di consistenza; cinguettii ammantati di vergogna per decenni di insipienza e immobilismo che hanno trattenuto la Scuola italiana nel “vecchio”, nell’incapacità di misurarsi con un cambiamento planetario spaventoso per certi versi.
Paure, blocchi, contrapposizioni, analfabetismo professionale, rievocazioni, contraddizioni, resistenze al cambiamento, protezione smisurata del dipendente pubblico, poteri consolidati, logge borghesi, non hanno permesso di affrontare in modo, critico ma utile, l’avvento del transumano, il genderfluid, l’intelligenza artificiale, le neuro-tecnologie, la preminenza del virtuale sul reale, della tecnica sull’umanesimo, della finanza sulla cultura, delle povertà. Eppure come ogni anno inizia la catarsi della resilienza in modo evidente in alcune scuole e territori: nella Scuola media “Norberto Bobbio” di Barriera -Milano- ad altissimo tasso di immigrazione; nell’Istituto superiore “Melissa Bassi” nel cuore di Scampia; nell’Istituto Scialoia di Milano; nella Scuola media “Giuseppe Ungaretti” zona San Paolo quartiere estremo della periferia di Bari; nell’Istituto “Giovanni Falcone” quartiere Zen in periferia di Palermo ad alto rischio di criminalità; nella Scuola media “Federico Fellini” a San Basilio, periferia nord-est della Roma dimenticata. In queste, ed in altre scuole come queste, dovrebbero essere assegnate le onorificenze di Cavalieri del Lavoro, qui gli onori al Merito Civile, qui le narrazioni sui nuovi eroi.
Con il ritorno a Scuola torna, anche e sempre, la resilienza delle scuole delle entroterre, della provincia nascosta d’Italia. Quelle comode, dove tutto cambia per nulla cambiare, dove la povertà culturale è dovuta all’isolamento territoriale, alla mancanza di confronto, alla condensazione di privilegi, a una Storia vissuta su pochi migliaia di chilometri quadrati, dove le regole trasudano dalle consuetudini tramandate dai vecchi podestà, dove le classi scolastiche sono strutturate per apparentamento sociale, gli Istituti creati sulla facilitazione e il disimpegno. Emergenze contingenti che caratterizzano Istituti scolastici strutturati e aggiornati, assorbendo fiumi di denaro, su un’idea di funzionamento che risente del vecchio retaggio di “scuola-classe-laboratorio-lezione”. Governance sindacalizzate con gruppi di potere interni che dettano i processi. Mattoni vecchi per mura nuove. Ma oltre alle emergenze contingenti, occorre ricordare le tendenze strutturali per poter comprendere l’antropologia dei gruppi di lavoro scolastici. Isolamento, conflitti, burnout, bisogni di riconoscimento, riscatti. Diverse ricerche hanno rilevato “la scontentezza” come stato emotivo emergente nel mondo della Scuola italiana: sentimento associato a colori complementari come marrone, arancio, verde muschio che sembrano trasmettere, come emozioni negative, sensazioni di deprivazione, frustrazione e indolenza, spesso correlate ad ambienti chiusi o coercitivi. Insomma: per incidente o per inversione di tendenza si spera, come sempre, che l’anno scolastico che sta iniziando per la Scuola italiana, possa aprire veramente il “Nuovo anno”.
I commenti sarebbero molto da fare !
Situazione dura è difficile quella della scuola . Ci sono che dovrebbero essere scritte in modo più esplicito forse.
Molto interessante dovrebbe esplicitare oltre. Certo che fa prefigurare una condizione difficile per la scuola