L’ANTROPOLOGA RIZZO A FRATTURA: “RIABITARE I PAESI COME SCANNO CONSAPEVOLMENTE”
Lavoro non retribuito, soprattutto se culturale. Le professioni umanistiche infatti, nei paesi delle aree interne, sono considerate perlopiù un hobby. E poi c’è il problema della cristallizzazione di ruoli tradizionali, con uomini che trascorrono le ore del tempo libero, o la loro intera terza età, impalati in piazza a ripetere pregiudizi che reiterano disuguaglianze e ingiustizie sociali, e donne trasformate in manichini per costumi tradizionali che non si indossano più ma utili a sponsorizzare il paese. Le stesse donne chiamate a sopperire a compiti di cura ancora più accentuati e pervasivi che altrove, a causa della carenza di servizi sanitari di prossimità. Questi sono solo alcuni dei fattori problematici con cui convivono quotidianamente molte delle 13 milioni di persone che abitano il 30% del territorio nazionale, quello delle cosiddette aree interne. Fattori che l’antropologa Anna Rizzo ha evinto attraverso lo studio sul campo a contatto con alcune comunità di piccoli paesi, soprattutto quella di Scanno e della sua frazione di Frattura, dove l’autrice a più riprese, per anni, ha convissuto per poi riportare le sue osservazioni nel libro “I paesi invisibili. Manifesto sentimentale e politico per salvare i borghi d’Italia” (Il Saggiatore, 2022, 17 euro). Dopo il Premio nazionale di cultura Benedetto Croce per la sezione letteratura giornalistica, dopo presentazioni in tutt’Italia e il Ted a Putignano, l’autrice 43enne, sabato scorso è tornata a Frattura per quella che ha definito davanti al pubblico “la presentazione del libro per me più importante”. Spopolamento e calo demografico non sono uno scandalo se nei paesi delle aree interne mancano le condizioni per fare reddito ed usufruire di servizi non negoziabili, quali sanità, istruzione, trasporti, connessione internet. “Pagherei le persone per andarsene dai paesi – si legge nel libro – per farle viaggiare e studiare, per metterle nelle condizioni di scegliere se tornare o rimanere a vivere altrove”, perché, spiega Rizzo, “vorrei riabitare i paesi in maniera consapevole e dignitosa”. Alcuni problemi calano dall’alto, dalle amministrazioni e dai governi, altri sorgono dal basso, dalle comunità che abitano i piccoli centri delle aree interne. Le politiche non sono incisive a sufficienza per garantire anche a queste comunità servizi essenziali che sono scontati per cittadini di centri urbani più popolosi. Politici e imprenditori si concentrano più a capitalizzare il profitto di questi luoghi facendo leva sul turismo, attraendolo con narrazioni romantizzate di questi luoghi in perenne lockdown, anziché sanare le carenze dei bisogni non negoziabili delle persone che ci vivono. E poi ci sono i problemi che sorgono e si reiterano dal basso, dalle dinamiche sociali e familiari dei paesi come il fatto di rendere gli adulti dei figli perenni, sulla cui creatività e voglia di sperimentarsi con scelte proprie si esercita un forte controllo sociale; chi sceglie di partire dal paesino per emanciparsi, infatti, è solito sentirsi carico di un fardello di senso di colpa come se facesse un torto alla terra e alla famiglia.
Sono cose che si ripetono da decenni, forse si è fatto qualche piccolissimo passo avanti, ma non saprei quanti. L’antropologia, etnologia, demo ecc. abruzzese ha degli ottimi studi in proposito. E facilmente reperibili nelle librerie.
Chi ha voglia di leggere e capire può farlo, ma forse la nostra classe dirigente non vuole, non ritiene conveniente?
Non saprei.
Suggerirei alla nostra antropologa di inviare copia omaggio del suo libro alla nostra giunta regionale.
Grazie e saluti
Per evitare lo spopolamento dei paesi, bisogna creare: Viabilità adeguate alle esigenze, scuole pensate per i bisogni della gente e faremmo una grossa opportunità per creare lavoro. Il resto e’ retorica.
23 anni fa, ci siamo trasferiti da un centro turistico marino ad un paese montano, pensando di trovare quella serenità tipica dei piccoli centri e sperando che con il tempo sarebbero migliorate le condizioni dei servizi presenti sul territorio…abbiamo resistito fino al 2022 poi siamo fuggiti, prima i figli, poi noi… è stata un’
esperienza totalmente negativa da non consigliare a nessuno.
Considerazioni molto acute e veritiere. Lo spopolamento di antichi borghi per lo piu’ montani sta investendo la gran parte del nostro paese. Se non si creano servizi essenziali (scuole, poste, banche, servizi sanitari) e se non si incentivano e finanziano attivita’ di manutenzione del territorio disastrato anche dai cambiamenti climatici, con impatto positivo anche su maggiori possibilita’ occupazionali, sempre piu’ giovani scapperanno in citta’ ma soprattutto all’estero. E se le esperienze virtuose di accoglienza diffusa nei paesi spopolati degli immigrati vengono stroncate, cosa possiamo aspettarci? Encomiabile il lavoro dell’antropologa Rizzo, la sua analisi si potrebbe trasporre dai paesi abruzzesi a quelli montani calabresi che conosco personalmente.