VACANZE SOSPESE
di Massimo di Paolo – Metà agosto, l’estate è finita. Siamo ormai nella fase avanzata dell’estate, si rientra dopo aver sparato su WA decine di foto di paccheri allo scoglio, coppe di gelato, tramonti, faraglioni, costumi con déshabillé, pose alla Wanda Osiris per lei, e pance in dentro alla Johnny Weissmuller, per lui. I piccoli borghi, le cittadine, i territori, cercano di prolungare quell’artifizio delle ferie fin oltre la prima decade di settembre. Sembra che il turismo di massa sia l’unica condizione e speranza per le piccole economie locali. Allora ben venga la massa, i forzati, i capitalizzati del turismo. Tutte le amministrazioni e gli stakeholder parlano di turismo e rappresentano le realtà locali come uniche magnifiche -the first in the world. Agosto poi, da che era pausa di ristoro per chi lavorava la terra, è diventato spazio di élite a partire dal patronato di Ottaviano fino agli ombrelloni del Twiga Beach Club della Santanchè e Briatore. Il turismo, le feste, il godere con tutti gli andirivieni paradossali di ogni anno che, dopo poco, diventano indifferenti e normali ai più. Questo agosto è stato santificato dai quei turisti che in provincia di Como hanno pagato due euro di supplemento per avere un toast tagliato a metà e, in Liguria, dalla madre costretta a pagare un obolo per aver chiesto un piattino vuoto per assaggiare le trofie del figlio.
A “Sulmona nostra” è andata bene. Cosi si dice. Si dice appunto, perché il sistema resta leggermente: “casereccio”. A fronte di una massa di esperti e professionisti del turismo non abbiamo dati se non parziali e le percezioni, con opinioni, prevalgono. Certo è stata bella assai Sulmona in alcuni momenti di partecipazione e di vitalità. Eravamo noi o anche loro? Eravamo noi peligni che spostandoci da Torrone a “piazza venti” abbiamo fatto turismo o c’erano in numero significativo i turisti “stranieri”? Per intenderci: turisti che ci scoprono, comprano i confetti, chiedono, alloggiano, consumano, leggono le guide che parlano di Sulmona, quelli che trovano i negozi spenti, l’accesso all’eremo di Celestino sbarrato, le indicazioni di chiusura del parcheggio rigorosamente scritto a mano tipo pergamena. Non lo sappiamo. O meglio non possiamo saperlo con attendibilità non abbiamo una struttura che faccia gestione, programmazione ecc.
Per esempio non sappiamo quanti ne sono stati i turisti – veri – che ci hanno visitato, in quale periodo, come hanno scelto Sulmona, con quale percentuale si sono distribuiti rispetto i luoghi di provenienza, la media dell’età e del sesso, quanti giorni sono stati nostri ospiti, non sappiamo se hanno potuto lasciare un significativo numero di pareri, osservazioni, giudizi, cosa gli è mancato, e soprattutto se hanno portato a casa il desiderio di tornare. Però il successo c’è stato e andrà capitalizzato. Chi lo farà, in che modo, con quali strumenti e su quali dati occorre pensarci.
Certo è che sono avvenute cose importanti anche se in contrapposizione. Due in particolare. La Giostra Cavalleresca. Pur mantenendo lo spirito del confronto, della partecipazione e dell’aggregazione ha mostrato il fiato corto, gli manca ormai la forza, la tattica e la strategia del purosangue che corre in gara, dopo 27 anni di Giostre il sistema appare da rivedere in maniera coraggiosa. Sette anni di commissariamento, una serie significativa di abbandoni di personaggi importanti che hanno dato molto a Sulmona e alla Giostra, un bilancio in ombra, costi che lievitano deficit che aumenta. Una cura proteica per un sistema stanco e ambivalente che necessita di una struttura organizzativa solida e moderna per un evento che va protetto, rinnovato e raffinato nei valori storici-antropologici e nell’organizzazione; ma anche nei processi economici gestionali. Resta un evento bello assai, ormai consolidato grazie all’impegno di molti, profondamente radicato e riconosciuto dalla cittadinanza. Avanti ancora ma con coraggio e senza compromessi perché di compromessi può morire l’anima della Giostra.
La stella ormai alta nel cielo: Muntagninjazz 2023. Un crescendo che non si ferma tra qualità, organizzazione e raffinatezza delle scelte. Un esempio di strada da seguire quella tracciata da Walter Colasante ormai da diversi anni. Una strada che indica cosa sono gli eventi adatti a Sulmona, al suo contesto, alla sua storia, al suo bisogno di sviluppo. Si può ancora crescere ci sono ampi margini di crescita: il Jazz, la musica, il Festival e tutto ciò che ruota intorno all’evento, vivono di entusiasmo giovanile e di quel filo di sbornia dei ragazzi contenti, ma si sta imparando, molto, con umiltà e impegno.
Un aspetto va rintracciato, importante e indicativo, per il futuro della città. Muntagninjazz come laboratorio da estendere ad altre scelte per evitare quel turismo di massa, che rappresenta la globalizzazione dello svago, che riduce i luoghi in “non luoghi”, i tessuti storici e gli spazi come elementi di consumo impersonali e privi di anima.
Una pianificazione turistica governata, che non fa perdere coscienza della realtà, delle difficoltà, delle arretratezze, dei conflitti e della povertà socio-politica che viviamo, altrimenti questa bella sperimentazione estiva, nonostante l’enfasi degli amministratori, rischia di assumere altri significati, richiamandoci quella locuzione latina “panem et circenses”, che Giovenale esplicitava: “il popolo due sole cose ansiosamente desidera: pane e giochi circensi”. Fuori metafora e nel senso più attuale, la politica, che non governa, coglie le aspirazioni della “plebe” ed offre un’illusione in cambio di dimenticanza e distrazione.
Bella l’analisi che fa pensare. Anche la riflessione su Pane e Circenses andrebbe capita . Sulmona che si disimpegna dimenticando le cose serie un popolo che delega a campioni del nulla. tanti invece i problemi reali. Sono d’accordo su Montagninjazz.
Complimenti.
Sig. Commissario,
Sig. P.te onorario,
sic stantibus rebus
animati da sani, rinnovati e ciscienziosi propositi
agite di conseguenza.
Grazie
Una analisi condivisibile. Manca lo scatto in più, forse ci vorrebbe un aiuto “professionale” di gente qualificata oltre ai magnifici e lodevoli volontari. Sarebbe auspicabile una scia di eventi anche in autunno-inverno per non tornare nell’oblio e nella desolazione.