SANITÀ PUBBLICA, ADDIO?
Seconda Parte
di Gianvincenzo D’Andrea – La fragilità del Sistema Sanitario Nazionale messa in evidenza dalla pandemia COVID ha fatto levare, nei giorni bui del massimo impatto, un coro di voci unanime dal mondo della politica e delle istituzioni che reclamava la necessità di interventi finanziari strutturali per colmare le lacune emergenti.
D’altronde le evidenti difficoltà di gestione della grande massa di malati, sia a livello ospedaliero che territoriale, metteva a nudo il risultato delle scelte dei governi succedutisi negli ultimi 15 anni.
Il mancato turnover del personale negli ospedali come nella medicina di base, l’innovazione tecnologica limitata o addirittura assente, la riduzione dei posti letto degli ospedali senza concomitante attivazione di adeguate strutture di assistenza territoriale erano tutte decisioni che avrebbero presentato il conto in occasione della prima situazione emergenziale, come poi è successo.
Se nel nostro Paese il COVID non ha prodotto effetti ancor più pesanti di quelli registrati lo si deve allo straordinario impegno professionale (ed umano) del personale medico ed infermieristico che ha cercato di sopperire, fino allo stremo delle forze, alle carenze della Sanità Pubblica, peraltro segnalate tante volte negli anni precedenti..
La costante politica di tagli alla sanità, avvenuta negli ultimi 15 anni per riequilibrio di bilancio all’interno delle leggi finanziarie, ha accentuato ancor più il divario fra l’Italia ed il resto d’Europa per quanto riguarda la dotazione annuale riservata al Fondo Sanitario Nazionale.
Oggi l’Italia assegna al Fondo un valore pari al 6% del PIL mentre nell’Europa dei 27 la media e del 6,4% ed in Germania, Francia e Svezia supera di gran lunga il 9%.
Per avere un’idea precisa di cosa si sta parlando vale la pena fornire i dati specifici.
Ebbene in riferimento all’annualità 2021 la Germania ha destinato alla Sanità circa 360 miliardi di euro, la Francia 237 miliardi di euro e l’Italia circa 115 miliardi.
Inoltre nell’ultimo decennio, a seguito dei tagli e definanziamenti alla Sanità, c’è stata una riduzione complessiva dei fondi specifici di 37 miliardi di euro.
Ma, nonostante l’enorme divario esistente fra i fondi assegnati alla Sanità in Italia ed in Europa ed in particolare nei due paesi europei citati sopra, il nostro SSN non è affatto agli ultimi posti nella graduatoria della qualità dei servizi erogati.
In particolare in una recente indagine è emerso che la qualità delle prestazioni erogate in ambito ospedaliero, da noi, è superiore a quelle erogate negli ospedali tedeschi.
E ciò è la conferma che nel nostro Paese i problemi nel campo della Sanità sono principalmente di tipo quantitativo e derivano esclusivamente dalla carenza di personale, di strutture adeguate e dalla ritardata o assente innovazione tecnologica .
Tutto ciò ha determinato un ritardo nell’accesso alle cure con lunghe liste di attesa per effettuare visite ed esami specialistici o ricoveri ospedalieri ordinari.
Va da sé che tantissimi cittadini per accorciare i tempi di esecuzione si sono rivolti (a pagamento) al settore privato e molti altri ( 5 milioni), hanno rinunciato alle cure per ragioni economiche (dati Fondazione GIMBE).
Nel 2021 il dato complessivo di quanto è stato speso di tasca propria dai cittadini per curarsi ammonta a più di 40 miliardi di euro ( solo in minima parte recuperati dalle polizze assicurative) una cifra che ha aumentato ancor più l’introito del settore sanitario privato che oggi si avvicina al 50% della spesa sanitaria nazionale complessiva con trend in aumento.
Nella situazione esistente (riesce a curarsi solo chi ha la disponibilità economica per farlo) è chiaro che sono venuti meno due principi fondativi del SSN: la gratuità e l’universalità delle cure mediche.
E mentre per la Sanità Pubblica permane una accertata penuria di finanziamenti statali rispetto alle necessità non sembra sia stato fatto molto o si voglia fare per reperire le risorse che permetterebbero di cambiare le cose rapidamente.
Risulta dai dati diffusi dal Ministero delle Finanze che l’ evasione fiscale , nell’ultimo decennio, è quantificata (stabilmente) a circa 100 miliardi di euro/ anno, una cifra assai prossima alla spesa sanitaria/anno (115 miliardi di euro/anno).
Negli ultimi tempi si è parlato di un possibile impatto positivo sulla Sanità Pubblica con l’utilizzazione dei fondi appositamente previsti dal PNRR.
Si tratta di una dotazione economica di circa 15 miliardi precisamente finalizzata che, però, non tocca alcune delle criticità presenti nel SSN.
Quanto appena detto si comprende meglio se si esaminano le indicazioni e prescrizioni riportate nel capitolo 6 del PNRR.
( continua)
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bene,le risorse pubbliche , circa il 50 % ,sono spese per le strutture accreditate,tutti i dati sono in rete,quindi si da a credere,prevalgono gli interessi particolari ,gli scandali della malasanita’ sono sotto la luce del sole,cosi come quelli europei: servizi moderni,efficaci,efficienti,utili e gratuiti ,tutti elettronici,nessun supporto cartaceo,timbro,ticket,ecc,ecc, la domanda : per quali ragioni non riusciamo a raggiungere,adeguarci agli standards europei? Il sottosviluppo e’ certificato dai Pnrr,scandali covid inclusi,e basta con il dare a credere,https://www.startmag.it/sanita/la-sanita-pubblica-italiana-e-sempre-piu-privata/…siamo ultimi in tutte le classifiche, o no?
Complimenti… Articolo molto interessante.. E concordo..