FURBETTI DEL CARTELLINO, CHIESTE LE SPESE DI GIUDIZIO A UN DIPENDENTE

Era finito sotto processo per assenteismo e poi condannato a risarcire il Comune insieme ad altri sei dipendenti. Ma il dipendente non avrebbe provveduto a versare quanto stabilito dalla Corte dei Conti. Motivo che ha spinto la giunta comunale a firmare l’esecuzione forzata per il recupero coattivo delle somme.  Nel caso specifico il dipendente comunale era stato condannato dai giudici contabili  al risarcimento in favore del Comune di Sulmona di 500 euro e al pagamento di 1.698,75 per le spese di giudizio. Il risarcimento del danno è stato recuperato in via amministrativa mediante trattenuta sullo stipendio. Mentre le somme dovute per le spese di giudizio, nonostante le diffide partite dagli Uffici non sono state versate dal dipendente. Per questo la Giunta ha proceduto al recupero tenendo conto che le spese di giudizio devono essere incassate e poi versate allo Stato. Un’inchiesta, quella sui furbetti del cartellino del Comune di Sulmona, che fece scalpore in tutta Italia per l’alto numero di dipendenti finiti sotto inchiesta. Originariamente erano 49, poco meno della metà della forza lavoro dell’ente. Ma grazie a indagini portate avanti in maniera approssimativa e ai ripetuti tentativi di ostacolare il lavoro di controllo originariamente affidato a una struttura esterna al Comune a cui non è stato rinnovato l’incarico nel momento cruciale, molti dipendenti sono riusciti a smontare facilmente le accuse della guardia di finanza e a evitare pesanti provvedimenti disciplinari arrivati fuori tempo massimo. Sarebbe bastato montare telecamere di controllo con riprese in contemporanea sia a Palazzo San Francesco  che negli uffici della Caserma Pace e in quelli dell’Ufficio anagrafe e lasciare lavorare in maniera tranquilla la struttura esterna incaricata dal Comune, guidata da Silvia Krantz, che molti altri dipendenti sarebbero caduti inesorabilmente nella rete. Dopo la chiusura del filone contabile e di quello amministrativo, al momento resta aperto solo il filone penale che vede ancora sei dipendenti davanti al giudice. La classica bolla di sapone che alla fine potrebbe ritorcersi contro lo stesso Comune, in molti casi chiamato a risarcire i dipendenti messi sotto inchiesta.