MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA, ASSOLTO EX VINCITORE DEL GRANDE FRATELLO

Mauro Marin, vincitore del Grande Fratello nel 2010, era finito sotto processo per minacce, maltrattamenti e calunnia nei confronti della sua ex compagna e madre di suo figlio, Jessica, e del padre di lei, Franco Bellei, entrambi originari e residenti a Sulmona. Ma le accuse a suo carico sono cadute davanti al giudice monocratico del Tribunale di Sulmona, Francesca Pinacchio, che ha assolto l’ex gieffino per insufficienza delle risultanze probatorie. Mauro Marin era stato rinviato a giudizio perché, secondo il capo d’imputazione, avrebbe attuato dei comportamenti violenti nei confronti della convivente, mentre era in dolce attesa, all’interno dell’abitazione che condividevano, con ripetute aggressioni verbali e insulti. Inoltre, sempre durante la convivenza, Marin avrebbe umiliato continuamente la sua compagna minacciandola con le suppellettili della casa. In qualche occasione l’avrebbe anche spinta contro il muro. Comportamenti minacciosi che sarebbero stati messi in atto, ma solo telefonicamente, nei confronti del padre della convivente arrivando anche a minacciarlo di morte. Gli avrebbe mostrato un proiettile dicendogli “sai che fine fai non ti ritrova nessuno…le ossa degli animali non si ritrovano più”. Inoltre, con una denuncia querela fatta ai carabinieri di Castelfranco Veneto, Marin avrebbe accusato l’ex suocero di averlo minacciato di sparargli alle gambe e di avergli mostrato un proiettile. Tutto questo, pur sapendolo innocente. Da qui l’imputazione anche per calunnia visto che il padre della sua ex era stato assolto dal giudice. Accuse pesanti insomma, destituite di ogni fondamento. Nel corso del processo non è emersa la prova né delle minacce né dei maltrattamenti a padre e figlia. Per insufficienza delle risultanze probatorie, ovvero perché il fatto non sussiste, il giudice Pinacchio ha assolto l’imputato ex gieffino, dopo aver raccolto le sue dichiarazioni durante l’udienza. Per quanto concerne la calunnia, sempre secondo il giudice, il fatto non costituisce reato, smontando dunque l’intero castello accusatorio.