BATTERI ED ANTIBIOTICI

di Gianvincenzo D’Andrea – La scoperta della penicillina avvenuta nel 1929 da parte del medico e biologo scozzese Alexander Fleming ha segnato una svolta fondamentale nella cura delle malattie infettive e rappresenta un momento significativo nel progresso della medicina.
Prima dell’utilizzazione di questo antibiotico ( avvenuta nei primi anni ’40 del secolo scorso ) proprio le malattie infettive erano la prima causa di morte fra la popolazione mondiale e solo grazie ad esso ed a tutti gli altri antibiotici ( che la ricerca scientifica ha messo a disposizione per la cura di tante malattie ) si sono potute salvare tante vite umane.
Oggi, però, sta emergendo un problema che preoccupa non poco i medici di tutto il mondo. L’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un allarme sulla progressiva perdita di efficacia di diversi antibiotici a causa del problema dall’antibioticoresistenza.
È un problema che si va espandendo in modo significativo in tutti i continenti ed oggi in alcune aree del mondo occidentale alcuni antibiotici, molto efficaci contro alcuni batteri fino a qualche decennio fa , sono sostanzialmente inutili.
Sempre l’OMS arriva ad ipotizzare che in assenza di misure concrete per arrestare l’antibioticoresistenza nel 2050 a causa di quest’ultima moriranno più persone che per malattie tumorali.
In pratica fra trent’anni potremmo ritrovarci nella stessa situazione precedente l’uso della penicillina.
Ma cos’è l’antibioticoresistenza?
Come dice la parola stessa è la capacità di alcuni batteri di diventare insensibili all’azione di uno o più antibiotici a seguito della produzione di particolari sostanze capaci di inattivarli.
I meccanismi con cui i batteri diventano antibioticoresistenti variano da caso a caso ( e non è questa la sede per riferirne in modo puntuale), ma resta il fatto che alcuni sono addirittura resistenti a tutti quelli oggi disponibili.
Questo significa che per alcune infezioni non esistono farmaci efficaci e di conseguenza il tasso di mortalità è spaventosamente aumentato.
Quali sono le ragioni di questo progressivo e rapido aumento dell’antibioticoresistenza? Cosa si può fare per arginare l’ulteriore espansione di un fenomeno che rischia di avere effetti devastanti sulle prospettive di salute individuale e collettiva?
Tralasciando le questioni di organizzazione sanitaria e di appropriatezza nella prescrizione dei singoli antibiotici come pure l’ utilizzazione sproporzionata ed ingiustificata in campo veterinario ( per ottenere la massima redditività economica degli allevamenti intensivi) vediamo quale può essere il contributo che ognuno di noi può dare per limitarne la portata del problema di cui parliamo.
La prima cosa da sapere è che gli antibiotici sono farmaci ( spesso salvavita) attivi esclusivamente contro i batteri e non contro i virus e quindi non c’è alcun motivo per assumerli , in automedicazione , in caso di raffreddore, influenza o semplice mal di gola.
Gli antibiotici vanno utilizzati solo se prescritti dal medico che suggerirà quello più indicato per l’infezione presente.
Utilizzare un antibiotico sbagliato o, peggio, inutile significa favorire la resistenza dei batteri selezionando i ceppi che diverranno progressivamente inattaccabili.
È una regola fondamentale nella terapia antibiotica il rispetto scrupoloso del dosaggio del farmaco, dell’intervallo di somministrazione e della durata della terapia.
Mi è capitato più volte di sentirmi dire da diversi pazienti che avevano autonomamente ridotto il dosaggio dell’antibiotico perché convinti che tre o quattro somministrazioni al giorno fossero troppe ( ignorando che la loro sconsiderata decisione , riducendo la concentrazione ematica efficace del farmaco, permetteva ai batteri di trovare qualche modalità di sopravvivenza trasmissibile alle generazioni successive).
O , ancora, di altri che avevano ritardato di ore l’intervallo di somministrazione ottenendo il risultato di cui s’è detto poc’anzi.
O infine di altri che avevano interrotto la terapia antibiotica appena scomparsa la febbre supponendo ( ma sbagliando clamorosamente!) che quest’ultima fosse la spia certa della presenza dell’infezione.
Come si vede ,in caso di malattia infettiva, usare in modo corretto ed appropriato i farmaci antibiotici non richiede uno sforzo sovrumano ma semplice buon senso e rispetto scrupoloso delle prescrizioni mediche.
Prendere decisioni terapeutiche di competenza medica da parte di chi medico non è ha sempre prodotto danni e l’antibioticoresistenza è certamente uno di essi.