PD, LISTE DOMESTICHE E LISTE FUORILEGGE

di Luigi Liberatore – Lunedì, finalmente, si vota nel circolo Pd di Sulmona. Tre ore soltanto: dalle 18 alle 21, con biglietto di ingresso, come si diceva un tempo, “ridotto per militari e ragazzi”. Ci va di scherzare, ma non è proprio il caso perché siamo di fronte ad una offesa alla libertà di partecipazione, all’esercizio del voto, momento democratico per eccellenza, aggettivo che il partito a Sulmona porta in maniera abusiva. Si è arrivati a votare nel circolo dopo che sono state definite le liste degli ammessi, al termine di movimenti politici, tra ricorsi e controricorsi, che ha visto impegnati perfino senatori della repubblica. Almeno si vota, si dirà. Ma come? Innanzitutto in tre ore soltanto, un lasso di tempo che a scuola, in classe, serviva solo per fare l’appello dei presenti. In tre ore si dovranno illustrare le mozioni dei quattro candidati a ricoprire la carica di segretario nazionale del partito democratico, e poi di votare. Va bene pure, tanto le singole piattaforme le conosciamo da un pezzo. Ma il problema non è questo, anche se ci vorrebbe una intera giornata per discuterle e dare un valore alle singole proposte. Il guaio a Sulmona è quello di chi sia stato ammesso al voto, e di chi sia stato escluso, perché nel circolo è stata tracciata la famosa linea manichea: dei buoni e dei cattivi. Voteranno gli aderenti alla linea del segretario del circolo PD di Sulmona, Franco Casciani, nonché vice sindaco del Comune; non voteranno, o non potranno votare gli avversari della segreteria, i non “ammessi”, esclusi ovviamente a termine dello statuto, cioè per via di quelle finezze regolamentari che si utilizzano all’interno della sezione per far fuori i non allineati. Vi pare giusto che a Sulmona non possa votare il più volte sindaco, Bruno Di Masci , oppure l’intellettuale Massimo Di Paolo, o ancora che stia fuori l’ex vicesindaco della giunta guidata da Peppino Ranalli Luciano Marinucci e l’x presidente del circolo stesso, Teresa Nannarone? E’ una follia: meglio, è la morte del partito democratico, al di là dell’esito finale.

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