GUARDIA MEDICA SI RIFIUTA DI VISITARE 30ENNE NON VACCINATA
Aveva accusato dei forti dolori addominali, nausea e formicolii alla gamba destra tanto che la madre preoccupata della situazione in cui si trovava la figlia 30enne ha telefonato all’ospedale chiedendo l’intervento della guardia medica. Ma quando è riuscita a contattare il medico reperibile si è sentita rispondere che non avrebbe potuto visitare la figlia se non aveva la certificazione del vaccino anti covid regolarmente effettuato. “Se la ragazza non è stata vaccinata non posso venire a casa a visitarla. Venite voi in ospedale con un tampone negativo”, sarebbe stata la risposta della guardia medica. In quel momento le due donne erano impossibilitate a spostarsi perché senza automobile e alla fine è intervenuto il 118 prestando alla giovane le cure del caso. A denunciare l’episodio il tribunale per i diritti del malato che ha provveduto a segnalarlo alla direzione sanitaria per le verifiche interne. Da quanto si è appreso la giovane non si era potuta vaccinare per problemi neurologici. Va tuttavia sottolineato che in caso di sintomatologia riconducibile al Covid il medico può evitare di visitare il paziente. “Anche se il comportamento della guardia medica”, fanno sapere dal tribunale del malato, appare molto discutibile”.
oltretutto ad oggi il corona virus è classificato come normale influenza.
se la storia è vera il dottore dovrebbe essere estromesso da quel lavoro perché non capace di ottemperare ai suoi obblighi e si applica alla sua professione come ad una fede e non considerando i dati aggiornati.
tre dosi fatte un anno fa non hanno nessun grado di protezione rispetto alle nuove varianti, il vaccino mnra si é dimostrato di efficacia molto limitata soprattutto in durata.
ergo mi auguro sia un caso isolato di un povero ignorante
… una mascherina adeguata, un paio di guanti e il vaccino, sono più che sufficienti per proteggersi da eventuali e improbabili contagi… ma se nonostante questo si ha “ paura” lo stesso tanto da rifiutarsi di prestare le cure necessarie ai pazienti… beh, allora qualcuno si dovrebbe fare un esame di coscienza e cambiare lavoro.
Ometto il giuramento di Ippocrate, di 2.500 anni fa, che ognuno può facilmente reperire e andarsi a leggere, ma voglio qui riportare il Codice deontologico attuale approvato dall’ordine dei medici nel 2014:
– “ «Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:
di esercitare la medicina in autonomia di giudizio e responsabilità di comportamento contrastando ogni indebito condizionamento che limiti la libertà e l’indipendenza della professione;
– di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;
– di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute;
– di non compiere mai atti finalizzati a provocare la morte;
– di non intraprendere né insistere in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, senza mai abbandonare la cura del malato;
– di perseguire con la persona assistita una relazione di cura fondata sulla fiducia e sul rispetto dei valori e dei diritti di ciascuno e su un’informazione, preliminare al consenso, comprensibile e completa;
di attenermi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona;
– di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina, fondato sul rigore etico e scientifico della ricerca, i cui fini sono la tutela della salute e della vita;
– di affidare la mia reputazione professionale alle mie competenze e al rispetto delle regole deontologiche e di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
– di ispirare la soluzione di ogni divergenza di opinioni al reciproco rispetto;
– di rispettare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che osservo o che ho osservato, inteso o intuito nella mia professione o in ragione del mio stato o ufficio;
– di prestare assistenza d’urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità competente e
di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della professione.»