“CAPITALE DELLA CULTURA 2025”: SULMONA FUORI
di Massimo di Paolo
Si dice che non si perde mai. Si dice che nella sconfitta non si perde ma si impara.
Potrebbe essere una grande, unica ed importante occasione per la città di Sulmona. Trasformare l’esclusione, dalle papabili finaliste del bando “Capitale Italiana della Cultura 2025”, in una forte sistematica e trasversale riflessione, utile e indispensabile per aprire una fase di osservazione critica, per poi passare a definire un nuovo modello culturale, organizzativo, di partecipazione e di visione.
Potrebbe essere un momento di cura e di “terapia di comunità” senza rintracciare colpe e colpevoli, ma ridefinendo processi di analisi e campi di azione, che per motivi storici e culturali si sono persi nel tempo.
Già Silone, nell’apertura del primo numero della rivista del Touring Club, ci descriveva come una comunità condizionata dal territorio, una valle chiusa geograficamente, caratterizzata da perimetri imponenti fatti da montagne e poche aperture di accesso. Forse proprio la condizione geomorfologica del territorio ci ha resi difesi, anche qualche volta ostili verso i cambiamenti, i riconoscimenti, i movimenti tendenti alla contaminazione delle idee e delle prospettive. Tanti “Io” con un “Noi” detto spesso, a denti stretti.
La stratificazione sociale storicamente statica, con una ridotta possibilità di crescita, con diritti di precedenza e con rendite da posizione storiche e consolidate, prive di ascensori sociali ci hanno resi attendisti, osservatori critici ma poco reattivi. Lotte intestine che hanno assorbito energie e hanno reso la comunità immobile, non proiettata verso una crescita con processi di organizzazione innovativi e attrattivi. Un ceto borghese giudicante, una cultura obsoleta, ricorsiva, di ratifica del tempo passato, ridondante e poco utile per ogni evoluzione con analisi e approcci autoreferenziali. Sulmona caput mundi non regge! Chi ci guarda dal di fuori può, forse, rappresentarci ancora meglio percependo, con più nitidezza, cosa siamo nel mondo.
Ripartire da questo. Ripartire non da un gruppo di saggi, scelta del termine maldestra, che ha riproposto un modello di lavoro già visto nel bimillenario ovidiano, ma da un lavoro fatto su condensazioni di idee pluridisciplinari, con una fase di coinvolgimento e di coesione. Alcuni intellettuali nostrani la chiamavano, “progettazione partecipata”.
“L’amarezza della notizia”, dovrebbe essere metabolizzata rapidamente e trasformata in una serie di appuntamenti pubblici, di grande partecipazione, per avviare, fin da subito, un biennio di progettazione per una nuova e più strategica candidatura. E soprattutto per una candidatura “collettiva”.
Gli Auguri a Pescina, per il prossimo percorso da compiere, li facciamo e li partecipiamo ma la verità è che ci ruga molto!
Ripartire capitalizzando le scelte effettuate con dimensioni nuove da inserire, per rendere il progetto innanzitutto un progetto di comunità, di sviluppo economico e sociale con un approccio divergente sulle ricadute verso il mondo giovanile, gli espatriati, le piccole economie locali e soprattutto, sulla trasformazione territoriale in una dimensione di “turismo esperienziale”.
Un progetto nuovo capitalizzando il già fatto, con una dimensione di Distretto Culturale evoluto partendo da una fase di disseminazione che coinvolga non solo fantomatiche élite, ma l’intera popolazione, avente come obiettivo del progetto la rigenerazione locale. Andrebbero riconosciute e inserite le reti culturali di diversa origine, valutando le possibili ricadute economiche e non economiche, dirette e indirette, sullo sviluppo locale. Sarebbe opportuno partire con un approccio di “economia circolare di progetto” orientandosi, fin da subito, verso piccole aziende e professionisti locali, con un’azione di networking interno ed esterno e con una progettazione grafica e di definizione del logo retta da un metodo che tenga conto dei talenti locali. Ripartiamo subito con una “agenda per la città” che preveda trasformazione e integrazione del sistema territoriale, definendo i target da raggiungere nella qualità dell’offerta culturale, nella governance locale, nella produzione di studi e conoscenza prima ancora dell’assemblaggio del dossier da presentare per la prossima corsa e selezione di “Sulmona Capitale ………”.
Tutta la città con il suo territorio. Apriamo un “processo costituente” un Town meeting con facilitatori-guida, una sorta di laboratorio urbano per una serie di confronti creativi che non potrà essere gestito solo da amministratori o da un gruppo di “saggi”, ma dovrà coinvolgere la popolazione e i territori nelle dimensioni proprie della condivisione.