LA POESIA DI BEATRICE RICOTTILLI NELL’ANTOLOGIA DELL’ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI NAPOLI
Nello scorso aprile, a cura di Roberto Pasanisi, docente universitario di letteratura oltre che psicologo clinico e psicoterapeuta, è stata pubblicata, per le Edizioni dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli, un’antologia poetica che prende il titolo da un più che evocativo verso montaliano: Ma in attendere è gioia più compita. Il fiore della poesia italiana contemporanea. Il volume si apre con una prefazione di Giovanni Dotoli, poeta e francesista (è professore ordinario all’Università “Aldo Moro” di Bari), il quale saluta con sorprendente ottimismo lo stato attuale della poesia italiana: «C’è un gradito ritorno del verso. […] Si tratta di verso libero, naturalmente, ma pur verso, come se la poesia italiana volesse riprendere il filo della tradizione più nobile, stanca di tanti ismi, di proclami, di grida, di distruzioni che poco hanno costruito, se non creato troppe macerie». La tradizione più nobile non è certo quella del verso libero che in Italia fu imposta da uno dei “tanti ismi” di cui parla Dotoli, ossia il Futurismo (Aldo Palazzeschi ricordava come i suoi “versi in libertà” furono inizialmente rifiutati dagli editori proprio perché lontani dalla nostra tradizione metrica e stilistica). Ma il suo entusiasmo sembra incrollabile: «Questo “fiore della poesia italiana contemporanea” – proprio così, è un fiore, anzi meglio, una rosa – […] sboccia al vento fresco del Mediterraneo come messaggio di gioia, di riflessione, di canto antico, come quello di omeriana fattura». Bisogna tuttavia riconoscere che, nella maggior parte dei casi, gli autori presenti nell’antologia (lo si evince dalle biografie) sono legati all’Istituto Italiano di Cultura di Napoli, e ciò non permette di parlare ecumenicamente di poesia italiana. Senza dubbio si tratta di una raccolta interessante in cui, oltre ai versi dello stesso curatore, di Dotoli e dell’autore della postfazione, Mario Selvaggio, anche lui francesista, sono inclusi uomini e donne che hanno all’attivo molte pubblicazioni, premi letterari e un certo impegno in campo culturale. Tra coloro che non si limitano a un discorso lirico fermo alla propria dimensione intima dimostrando invece una capacità di spaziare col pensiero e con la scrittura, vanno segnalati Sandro Gros-Pietro, attivo anche come saggista ed editore, Aldino Leoni, promotore, insieme a Barberi Squarotti, Caproni e Gian Luigi Beccaria della “Biennale della Poesia” di Alessandria, e Guido Mura, docente, traduttore e bibliotecario. Non paia campanilismo se riconosciamo in Beatrice Ricottilli, archivista e autrice sulmonese, una voce incisiva e cristallina che supera di gran lunga il livello degli autori antologizzati. La sua poesia Ulisse-Penelope (qui inclusa insieme a Dettagli e Fermo immagine – Incontro con il lupo) è formata da due componimenti che si possono sì leggere in successione ma anche come “fuga a due voci”, in cui i protagonisti dialogano sul filo dell’attesa e della lontananza. Si riporta di seguito il testo:
ULISSE
Getterò le mie reti
su ogni tua parola
e ad una ad una
le libererò
Quali venti saranno
quali vele
a sospingere i legni
sulle spume
Tacciono ammaliate le sirene
dal canto tuo sommesso
disperato
D’amore gonfierai altre maree
e d’incendi i tramonti sulle rive
Itaca non sarà così lontana.
PENELOPE
Arpeggerò
i fili dei sogni
sull’ordito del tempo
e tesserò le lodi
ad ogni nuovo giorno
ozioso e lento
Scioglierò i nodi
che stringono i ricordi
e colmerò la tela
di ogni gesto tuo
Mari di solitudine
assaggerò con le ombre
Itaca fiorirà
aspettando settembre.
Più di sessant’anni fa, in un articolo sulla rivista “Dimensioni” (a. V, n. 5-6, settembre-dicembre 1961), da lui fondata e diretta (insieme a Giuseppe Rosato e a Giammario Sgattoni), lo scrittore abruzzese Ottaviano Giannangeli ci metteva in guardia in questi termini: «C’è, ai nostri tempi, un’industria e non un artigianato antologico. Nessuna antologia, o quasi, è capace di far rivivere una pagina di poesia; nessun compilatore vuol più compromettersi […]. La critica storica è spenta, la critica estetica e filologica anche; non si sono aggiornate: resta una parvenza di critica ideologica, che rifugge dal commento. Impera, invece, la fretta. Conoscere tutto approssimativamente: quindi, non conoscere». Oggi che anche la critica ideologica è defunta cosa dovremmo aspettarci? Ci auguriamo nuovi “fiori della poesia italiana contemporanea” adeguatamente scelti e nutriti come nelle migliori serre.
Andrea Giampietro