COL SUO “BROCCOLO” NIKO ROMITO RIABILITA CUCINA E LINGUA ITALIANA
di Luigi Liberatore – Non era facile. Niko Romito, il plurinsignito chef di Rivisondoli, ci è riuscito con un colpo solo: ha riabilitato insieme, verrebbe da dire con un semplice giro di forchettone, sia la cucina che la lingua italiana. E sapete utilizzando cosa? Un broccolo. Signori è così. Portando in tavola il broccolo cucinato con l’anice. Davvero, servendo quell’ortaggio sempre più reietto dai nostri ambiti familiari per l’odore pungente se non sgradevole, tenuto lontano dalle nostre cucine divenute con gli anni del benessere sempre più sale di decompressione che rifugio serale delle famiglie. Bè, c’è pure da dire che il piatto è stato servito nella zona della vecchia Fiera di Milano, alla manifestazione degli Stati generali della ristorazione italiana che si è tenuto sabato scorso nella sala blu, mica a una mensa popolare; a maggior ragione lo chef ha raggiunto un duplice scopo ottenendo ciò a cospetto di una platea internazionale ed elevandosi a grande e raffinato cultore attingendo nella banalità dell’orto. Non solo.
Portando in tavola il broccolo col suo sussiego “Reale”, ha dato pure una spallata alla semantica che accomuna il termine broccolo a persona sciocca o goffa. Grazie a Niko Romito, d’ora in poi, dare del broccolo a qualcuno sarà come riservare privilegio e apprezzamento per chi lo riceva. D’altronde abbiamo sempre pensato che gente come Niko Romito prima o poi sarebbe finita nella Treccani, non per nulla lo chef si appresta ad aprire a Castel di Sangro una “Università” per la quale la Regione Abruzzo ha destinato un milione e mezzo di euro. Sorvoliamo sulle polemiche (per nulla peregrine) scatenate dalla decisione della Regione di finanziare il progetto, polemiche che fanno da scorta a Niko Romito come a tanti altri colleghi verso cui il sottobosco delle cucine è perfino in aperta rivolta. Gli chef italiani si lamentano di non trovare più maestranze e ragazzi disposti ad imparare, sicchè appare emblematica la dichiarazione resa da Alessandro Borghese, altro mostro sacro di intingoli e salse, secondo cui alcuni giorni fa sia stato costretto a scendere lui personalmente in cucina per mancanza di personale. Bene, cucinare è il suo mestiere mica altro. Poi dobbiamo dire che i ragazzi scappano dalle cucine dei pluristellati chef perché sottopagati rispetto ai turni massacranti cui vengono sottoposti, allievi schiavizzati il cui solo privilegio sarebbe il “lustro” dato dal loro padrone. Poca cosa davvero rispetto a retribuzioni di fame unite spesso a scarse prospettive. Tutti fuggono, basta scorrere le liste di collocamento. Almeno questo recita una fresca letteratura. Ma, direte voi, che c’entra tutto ciò col broccolo? Lo so: un cavolo! La battuta farà fluire fiumi di dissensi, ma ci auguriamo pure che scateni qualche risata insieme a qualche riflessione oltre il broccolo... Roba che di questi tempi non guasta davvero.