MA AL PARCO NON SANNO FARE ALTRO CHE INSEGUIRE LE FRENESIE DI UN ORSO?

di Luigi Liberatore – Noi siamo sempre un po’ lenti a navigare lungo il fiume delle notizie, non per pigrizia e nemmeno per indolenza, ma per la sindrome dell’accumulo. Spesso lasciamo che esse finiscano senza danni nell’estuario dell’oblio tanto sia massiccia la produzione, ma quando nemmeno allora riescono a depurarsi ci pare utile e conveniente, non per noi ma per chi ci segue, darne conto e interpretazione seppur personale quando non sconveniente e antipatica. E di poco fa il dispaccio del Parco Nazionale della Majella col quale i dirigenti si sono affrettati, con fare frenetico, a dire che l’orso Carrito si sta nutrendo di formiche ed erbe nell’area selvaggia e senza recinti nella quale è stato immesso dopo averlo sottratto a foto e cine reporter di Roccaraso e dintorni; e soprattutto dopo averlo rubato agli esaltati animalisti che gli offrivano bistecche e bignè nel suo vagabondare demenziale nelle aree antropizzate. Non si aveva bisogno di questo comunicato, lo dice il buon senso. A chi è soprattutto diretto il comunicato stampa del Parco della Majella, ma soprattutto quale è il fine? Che forse alla direzione del Parco si temono i piagnistei degli animalisti e le loro deliranti richieste di conoscere se quell’orso abbia mangiato convenientemente alla sua stazza e se caso mai sia stato assistito nelle sue necessità fisiologiche? Per carità, noi abbiamo visioni secolari delle attività dei guardiaparco e dei loro dirigenti in un abbraccio sentimentale di tutela degli animali, dei boschi e in generale della difesa dell’ambiente. Non dovevano passare centinaia di anni per consegnarci dei burocrati timorosi e passacarte. In Abruzzo, senza voler oltrepassare i confini regionali, ci sono questioni più importanti e inquietanti che toccano la quotidianità delle persone e il malessere della gente che fa fatica a chiudere la giornata. L’aumento dei pedaggi autostradali che angustia migliaia di lavoratori costretti a percorrere centinaia di chilometri a costi sempre maggiori, o ancora la difficoltà degli avvocati a pagare le quote all’Ordine. Quest’ultimo riferimento non vi rubi un sorriso, è il segno che la crisi si diffonde come una peste egiziana. Torniamo al Parco e a quell’orso il cui nome ci riporta alla memoria Buffalo Bill, finito per essere presentato come un fenomeno da baraccone. Ecco. Finiamola. A questo punto è meglio aver a che fare con dettagliate notizie sulla giornata di Mara Venier che col resoconto sull’orso.