DOGS OF WAR

Parafrasando Oscar Wilde, il garantismo del resto del mondo è l’omaggio che la legalità rende all’illegalità e viceversa. Se la storia della vita è spesso una storia di soprusi, di occupazioni, di invasioni furbastre in omaggio al potere, di persone da risarcire, soprattutto donne, bambini, bambine ne rimangono tante. Quando osserviamo in tv, sui social uno scatto, una photo shoot di donne e bambini  camminare trafelati, storditi, con il volto perso nel vuoto, nel loro interminabile ed aspro viaggio lungo un muro che li separa, li divide per raggiungere la libertà, è come se volessero spedire il globo nella direzione che piace a loro. Un muro recinto, uno dei tanti di questo mondo che non dice niente, che divide e spiana, attraversando un cordolo di corridoio controllato a debita distanza dai militari russi dall’altra parte della barricata. Ho sentito che non solo lo avete fatto con tracotanza, ma che crediate nel vostro superego di averne il diritto. Ma cosa avete lì dietro? Un apparecchio radar? Le parole di Delouze risuonano sempre: “o la morale non ha alcun senso o è appunto questo che essa vuol dire, non ha nient’altro da dire; non essere indegni di ciò che ci accade”. L’uso delle armi e della guerra come lubrificante per il motore dell’economia mondiale come dice un vecchio proverbio francese: “c’est l’argent qui fait la guerre” raggiunge oggi come ieri la velocità della luce. Un calvario lungo settimane, trascorsi con gli aiuti e le speranze del mondo intero, tra il rumore assordante delle granate, l’odore nauseante delle bombe, i missili conficcati nel terreno, nello spezzarsi a turno ma non piegarsi ad una sola volontà, quella del dittatore, dell’oligarca di turno al cospetto di un mondo senza un barlume di quella interiorità che distingue l’uomo dal bruto. Un bambino che usa i piedi per camminare verso la libertà è tale unità minima con infinite possibilità di combinazioni. E persino i colori sembrano confermarlo. Da una parte i saluti a piene mani e le bandierine colorate, prova di eleganza, di sofisticheria, dall’altra la polvere, le pietre, il terreno sconnesso, in discesa e in salita nella sua semplicità di tutto il contrario. E anche questa somiglia stranamente ad una guerra mediatica e catastrofica, a mascherare la disperazione della vita, a surrogare la paura, a fornire una alibi alla fiacchezza, mentre sembra esaltare anche nell’aria infarcita di razzismo la maschia felicità di virtù vitali ed imperialiste. “La cosa più difficile al mondo scrisse Hemingway è scrivere una prosa assolutamente onesta sugli esseri umani”…

Cesidio Colantonio