LO CHEF DICE CHE… (olio Terza Parte)
Lo chef dice che…
Dai composti volatili, importante gruppo di sostanze per l’olio extravergine di alta qualità, dipende il caratteristico flavour dell’olio d’oliva, la loro correlazione con l’aroma non è ancora ben conosciuta, tuttavia si può affermare che il flavour evidenzia note di “fruttato erbaceo”, “floreale”, “mela verde”, “pomodoro”, “mandorla” ecc. Ad oggi, dal punto di vista scientifico è stato accertato solo il rapporto esistente tra l’aroma di “fruttato erbaceo”, le aldeidi e gli alcoli saturi e insaturi a 5 e 6 atomi di Carbonio provenienti dall’attività della lipossigenasi. Ciò avviene durante il processo di estrazione meccanica dell’olio (Aparicio et al., 1996; Angerosa et al., 2004).
Per quanto concerne gli oli extravergini di oliva, l’innovazione di processo dovrebbe basarsi sulla nuova visione del concetto di qualità legato alla presenza di quei composti che sono influenzati dalla tecnologia come i fenoli ed i composti volatili che caratterizzano l’aroma. Ciò detto, va da se che l’innovazione dovrebbe prevedere la produzione di oli extravergini di oliva con elevato impatto sensoriale e salutistico. In questo modo, l’utente finale: lo chef, avrebbe a disposizione un prodotto che garantisce il confezionamento di piatti sani.
La tecnologia per l’introduzione di sistemi di frangitura, come frangitori ad effetto differenziato o la denocciolatura delle olive, è utile per la diversa distribuzione degli enzimi costitutivi del frutto. Questi frangitori consentono la produzione di oli extravergini aventi caratteristiche intermedie tra quelli estratti da paste integrali prodotte con frangitore a martelli e da olive denocciolate.
La denocciolatura permette di ottenere un incremento dei livelli di fenoli, in particolare dei secoiridoidi, delle aldeidi ed alcoli a 6 atomi di Carbonio (composizione volatile).
Una criticità nel processo di estrazione di oli di alta qualità, è rappresentata dalla fase di gramolatura e dal controllo specifico delle ossidoreduttasi polifenolossidasi e della lipossigenasi; l’attività lipossigenasica, alla base della produzione aromatica dell’olio, deve essere favorita in fase di gramolatura, mentre andrebbe inibita la degradazione a carico dei polifenoli. In questo ambito, sono importanti le gramolatrici a scambio gassoso controllato o confinate, che permettono di arginare i fenomeni di ossidazione dei polifenoli riducendo la concentrazione di O2. La riduzione dei livelli di O2 all’interno della gramolatrice bilancia gli antiossidanti; ad ogni buon conto dopo la frangitura, l’intero patrimonio enzimatico dell’oliva rimane attivo.
Nelle operazioni di gramolatura ha notevole importanza anche la temperatura. A condizione che i polifenoli non subiscano processi ossidativi, la loro distribuzione tra olio e pasta, è correlata alla loro solubilità nella fase lipidica che è favorita dalle temperature elevate.
Temperature superiori ai 30 °C, determinano un peggioramento delle proprietà sensoriali degli oli, ciò accade perché c’è una minor produzione aromatica delle paste in fase di gramolatura. Va sottolineato, infatti, che gli enzimi responsabili della formazione delle sostanze volatili ad impatto sensoriale, hanno temperature ottimali di attivazione al di sotto dei 30 °C. In altre parole, mentre il controllo dell’ossigeno delle paste in fase di gramolatura permette di migliorare la frazione fenolica dell’olio, l’aumento della temperature al di sopra dei 30 °C non ha effetto selettivo perché c’è un aumento dei livelli di composti fenolici a discapito della carica aromatica.
Gli assaggiatori d’olio d’oliva, che sono soggetti addestrati al riconoscimento olfattivo e gustativo, sanno che il gusto amaro e piccante sono da attribuire alle sostanze fenoliche, la cui determinazione, ad oggi, non è prevista dalla normativa vigente. Sono in corso studi che hanno l’obiettivo di evidenziare, mediante HPLC, le correlazioni esistenti tra le intensità di percezione delle note di amaro e di piccante con le sostanze fenoliche.
La mosca delle olive che attacca gli oliveti, provoca danni che alla fine si ripercuotono sull’acidità libera e sul numero di perossidi nell’olio extra-vergine di oliva. È per questo motivo, che gli agricoltori trattano con opportuni fitofarmaci le piante. Ma questa pratica non sempre è priva di rischi.
Per le aziende olearie è di capitale importanza preservare le caratteristiche organolettiche degli oli, in particolare dell’olio extra vergine che si distingue anche per le caratteristiche organolettiche e per il grande valore nutrizionale legato alla sua composizione chimica.
Malattie dell’ulivo
Anche la difesa fitosanitaria è fondamentale per ottenere gli standard qualitativi richiesti dal mercato, purtroppo non sempre si coniuga perfettamente con la prevenzione in ambito clinico. Accenno brevemente, perché non è lo scopo di questo scritto, alle malattie dell’ulivo; tra le quali il cosiddetto “occhio di pavone”, detto anche vaiuolo o cicloconio dell’olivo, malattia causata dal fungo subcuticolare Spilocaea oleagina S. Hughes. Per combatterla, in genere, è sufficiente il trattamento con dodina e prodotti a base di rame: poltiglia bordolese e ossicloruri. Da ricordare anche la cosiddetta “rogna”, causata dal batterio Gram negativo Pseudomonas syringae subsp. savastanoi malattia molto comune ma raramente richiede interventi di lotta specifici. I prodotti a base di rame utilizzati contro l’occhio di pavone sono efficaci anche nei confronti di questo batterio. Una malattia diffusa, specialmente negli ambienti umidi e poco arieggiati, è la cercosporiosi causata da Pseudocercospora cladosporioides, difficilmente si riscontra l’infezione sull’oliva.
Un patogeno emergente è il Verticillium dahliae agente della tracheoverticilliosi.
Da segnalare anche l’antracnosi o lebbra, l’agente causale è stato recentemente identificato come una nuova specie di Colletotrichum, geneticamente affine a C.acutatum (J. H. Simmonds ex J. H. Simmonds), ma distinta; i danni possono essere arginati mediante trattamenti con prodotti a base di rame. Sono validi anche i prodotti appartenenti alle famiglie degli inibitori della sintesi degli steroli e delle strobilurine, l’uso in olivicoltura è vietato. Il marciume radicale è causato dal basidiomicete Armillaria mellea (Vahl.) Kummel. Da ricordare le infezioni da A. mellea e da Phytophthora. Il fitofago più conosciuto degli areali olivicoli è la mosca dell’olivo, Bactrocera oleae (Gmelin), che viene combattuta prevalentemente con esche proteiche attivate con insetticidi. Nei casi in cui si ricorre a interventi chimici si può avere l’insorgenza di gravi infestazioni della “cocciniglia mezzo grano di pepe”, Saissetia oleae Bern. Il rodilegno giallo, Zeuzera pyrina L.
particolarmente dannoso per le piante giovani, tuttavia non sono risparmiate quelle secolari. Le infestazioni della tignola dell’olivo, Prays oleae (Bern.), si manifestano in modo discontinuo nel tempo, raramente è necessario ricorrere ad interventi di lotta; quando necessario si può utilizzare il Bacillus thuringiensis, fosmet o dimetoato. Altri microrganismi sono di minore importanza: Euphyllura olivina, Otiorrhynchus cribricollis, Phloeotribus scarabaeoides, Metcalfa pruinosa. La lotta alle malattie dell’ulivo è basata sull’impiego di agrofarmaci consentiti dalle normative, tuttavia si sta rivolgendo attenzione crescente nei confronti dei prodotti a ridotto impatto ambientale, alcuni di origine vegetale, ad azione antibatterica e dei sistemi alternativi come i metodi di lotta.
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