DRAMMA ALLA CAPOGRASSI: UNA MADRE, FERMARCI AD ASCOLTARE CIO’ CHE CI CIRCONDA E CHI AMIAMO

Quello che è accaduto ieri nella scuola media G. Capograssi, di Sulmona dove un bambino di soli 11 anni ha colpito con un coltello, senza apparente motivo, un collaboratore scolastico non può e non deve passare inosservato. Non può, nel nome di un mondo e di una società che deve fermarsi a riflettere. Noi vogliamo farlo, pubblicando una lettera di una madre, una delle tante che nella giornata di ieri, sono apparse sui social. Un segnale forte e di speranza  che arriva da quelle persone, e sono tantissime, che hanno visto nel gesto del ragazzo un reale pericolo per una società che rischia la deriva.

“Quanto accaduto dovrebbe farci fermare tutti. E riflettere”- si legge nella lettera – “Un bambino che deve ancora aprire gli occhi alla vita decide di punto in bianco di andare a scuola con un coltello da cucina e di colpire un adulto che non poteva reagire perché evidentemente gli stava dando le spalle. Dopo la bomba mediatica esplosa nella rapidità che solo i social possono permettere, mi domando: chi si è fermato a chiedersi perché?. Ho letto e sentito tanto e ad un certo punto mi sono posta un fermo ed ho parlato a me stessa. È colpa della famiglia? È colpa della scuola? È colpa della società? È colpa dei social o delle famigerate challenge? La solitudine è una spirale. Quando ci si cade si fa fatica a distinguere la realtà. Non dobbiamo dare una colpa, ma cercare di capire. Perché se da una parte il danno è stato lieve e, a detta di alcuni, la notizia non doveva neanche uscire dal cancello di quella scuola, dall’altra in quel gesto c’è un urlo disperato, un tentativo di essere non dico ascoltati, ma almeno visti. Possibile che nessuno si sia accorto? Possibile che in classe non si sia notato nulla? Possibile che la famiglia non abbia capito il disagio del figlio? Possibile. Perché siamo tutti stanchi e dovremmo davvero trovare il tempo per fermarci ed ascoltare ciò che ci circonda e chi amiamo. Il carnefice è vittima allo stesso tempo e va protetto. Nel suo disagio ha trovato il modo sbagliato per chiedere aiuto, ma lo ha fatto. Siamo noi il tempo e se esso è buio domandiamoci cosa abbiamo fatto per renderlo luminoso. Sono davvero offuscata da quanto accaduto. Sto rimettendo in discussione tutto, in primis me stessa”. Indagini e riflessioni devono quindi andare oltre. Oltre quella coltellata che pure è stata sferrata.