GLIFOSATO E RICADUTE NEGATIVE SULL’ALIMENTAZIONE UMANA

L’argomento glifosato consentirà di pubblicare una serie di articoletti dedicati alla sua pericolosità, lo scopo finale è quello di rendere edotto il consumatore e di metterlo in guardia su alcuni prodotti in commercio.
È ancora in atto, e non solo in ambiente scientifico, la discussione sulla pericolosità del glifosato, un pesticida annoverato tra quelli più impattanti la mucosa intestinale. È il pesticida più attenzionato del momento, è al centro della discussione politica in molti Paesi, compresi quelli dell’Unione europea.
Nome IUPAC: 2-(phosphonomethylamino)acetic acid. Formula molecolare: C3H8NO5P o HOOCCH2NHCH2PO(OH)2. Il glifosato è il principio attivo dei prodotti diserbanti come ad esempio il Roundup. I prodotti a base di glifosato sono i diserbanti più utilizzati al mondo in ambito agricolo, domestico e civile. Questi prodotti in genere contengono glifosato in combinazione con altri ingredienti (adiuvanti) che servono a migliorare l’assorbimento del glifosato nella pianta.
Il suo potere diserbante e basato sulla formazione di complessi chelati in grado di bloccare elementi traccia quali Calcio, Ferro, Cobalto, Rame, Magnesio, Manganese e Zinco (solo per citare i più importanti), che sono co-fattori necessari per vari sistemi enzimatici negli organismi vegetali e animali. Una volta chelati dal glifosato, questi elementi non sono più disponibili per molte ed importanti funzioni fisiologiche.
Il glifosato persiste nell’ambiente, soprattutto in dipendenza della composizione chimica del suolo, può contaminare le acque superficiali e le falde sotterranee. I prodotti di degradazione sono stati rilevati nelle acque superficiali in Canada, Stati Uniti, Italia e Danimarca. L’acido aminometilfosforico (Aminomethylphosphonic acid – AMPA) è un metabolita tossico e più persistente del glifosato, nel terreno ha un’emivita che varia dai 76 ai 958 giorni.
Esistono studi discordanti sulla sicurezza del glifosato, alcuni ne decantano le qualità in termini di sicurezza; invece, ricercatori indipendenti affermano che le alterazioni indotte da questo erbicida possono contribuire alla genesi di diverse malattie come celiachia, obesità, diabete, malattie cardiocircolatorie, autismo, sterilità, cancro e malattia di Alzheimer
Poiché si tratta di una sostanza che possiede anche attività antimicrobica, il primo “danno” lo provoca ai batteri residenti nell’intestino degli animali e dell’uomo (microbiota), in particolare alle specie benefiche, determinando così la proliferazione dei patogeni (disbiosi). Si rilevano anche lesioni delle giunzioni strette degli enterociti (cellule intestinali).
L’inquinamento della catena alimentare animale ed umana è fonte di seria preoccupazione, se l’alimentazione animale è inquinata ci saranno ricadute negative sui consumatori di prodotti come carni, latte e derivati.
Un fenomeno importante è il carry-over che interessa il latte vaccino: un inquinante presente nell’alimentazione del bovino può essere trasmesso all’uomo con il latte o suoi derivati. Gli erbicidi e i pesticidi che inquinano foraggio e mangimi si ritrovano nei prodotti alimentari di provenienza animale, determinando prima una modificazione della microflora saprofita degli animali e successivamente dell’uomo.
Microrganismi quali il Lactobacillus delbrueckii subsp. Bulgaricus (L. bulgaricus), Lactococcus lactis subsp. Cremoris (L. cremoris) e il Geotrichum candidum (G. candidum) risentono negativamente della presenza di tali inquinanti, le loro modificazioni alterano il latte e suoi derivati dal punto di vista qualitativo. È stato dimostrato, da ricercatori Italiani, che anche il Saccharomyces cerevisiae (microrganismo benefico) risente degli effetti negativi del glifosato che ne inibisce il metabolismo e di conseguenza la crescita.

Tratto dal libro di prossima pubblicazione: Maurizio Proietti “Patologia Ambientale” Edizioni Sì.