UNA DEGNA SCONFITTA E’ ANCH’ESSA UNA VITTORIA

Alessandro Lavalle – Di recente abbiamo visto esempi, da parte dei nostri vicini europei, di comportamenti completamente ingiustificati di barbarica violenza (sia verbale che fisica). Dopo l’esibizione digitale di commenti poco graditi da parte dei francesi, a seguito della vittoria nazionale dell’Eurovision, abbiamo avuto un secondo esempio di cieco fanatismo causato da una nostra seconda vittoria, questa volta in campo calcistico.

Non riesco a comprendere questa vile violenza ingiustificata, nata da un amore per lo sport tramutatosi in cieco fanatismo; il desiderio di primeggiare deforma la sportività tramutandola in una competizione malsana che deteriora l’anima come il corpo.

La perfezione, la vittoria, non sono mai state l’obiettivo degli sport; la parola stessa “competizione”, una parola di etimologia latina, ha un significato assai più sano e profondo di “lotta per la vittoria”: il vero significato è “cum petere” ovvero incontrarsi, convergere, letteralmente “andare assieme”; la competizione non è altro che un viaggio per migliorarsi che va affrontato in compagnia: la vittoria non è una vetta da scalare in solitaria, bensì una lunga strada che va presa con costanza, pazienza, sportività. La competizione dai tempi del 900, in particolare in Italia, è stata traviata completamente dai poteri forti nati in quell’epoca; il macismo, il divismo fascista, l’eugenetica nazista hanno fatto credere che essere degli “sportivi” significasse essere i migliori, essere perfetti: un concetto che perde di validità quando la strada per ottenere questa perfezione comprende anche lo schiacciare i propri avversari anzichè crescere assieme a loro; anziché imparare dagli errori essi diventano delle “bestie” da evitare completamente, riempiendo così lo sport di una paura cieca ed ingiustificata verso lo “sbaglio”, che invece è il più grande maestro che la vita possa averci mai fornito, alla sola ed unica condizione di non ripeterlo ad nauseam.

Peraltro, il tifo è uno strumento potente, in grado di risollevare gli animi dei nostri atleti favoriti in momenti di fragilità; uno strumento che è facile alla corruzione, trasformandosi in un estremismo dannoso che rende gli uomini paragonabili ad animali privi del lume della ragione. La sportività si vede anche in questo, non è una caratteristica limitata ai soli atleti: la sconfitta, l’errore deve essere accettato da entrambi i lati per garantire una sana crescita dell’individuo.

Tralasciando la lezione che va tratta in ambito sportivo, nella vita in generale bisogna affrontare le avversità con spirito sportivo, con spirito propositivo, senza lasciarsi andare alle preoccupazioni che irrigidiscono il costante progresso necessario al nostro sviluppo: l’errore è necessario quanto l’aria che respiriamo, senza errore non vi può essere margine di miglioramento. Lo sport, il vero sport, ci insegna a fare questo insieme agli altri.