IL DIARIO DI SOLIMO: 12 GIUGNO 1491, IL VESCOVO CHE VISSE DUE VOLTE
Fabio Maiorano – Allievo in Roma del grande filologo e umanista Lorenzo Valla, che chiamava con affetto praeceptor meus, il giovane Bartolomeo de Scalis – rampollo di una nobile famiglia sulmonese – raggiunse Milano tra il 1448 e il 1457 e fu al servizio del duca Francesco Sforza per il quale compose l’Oposculum artis gramaticae, ‘un prontuario di grammatica’. Il 6 giugno 1463, il duce fu sollecitato dai rettori della facoltà di Legge dell’Università di Pavia a che Bartolomeo insegnasse in quell’ateneo, ma la richiesta non ebbe seguito perché qualche giorno più tardi il pontefice Pio II chiamò Bartolomeo, dell’Ordine dei Domenicani, a reggere le sorti della diocesi della città natale. Personaggio di straordinaria cultura, insigne teologo e valentissimo letterato, fra’ Bartolomeo de Scalis dedicò un poema a Pio
II, un altro a Federico da Montefeltro e un carme ad Antonio Beccatelli, detto il Panormita; inoltre, ebbe una vivacissima polemica col Filelfo per difendere la memoria del pontefice Pio II, da questi oltraggiato in un paio di epigrammi. Esemplare fu l’intero arco del suo apostolato, nel quale rifondò la dispersa biblioteca di S. Panfilo e donando molti dei suoi libri al Capitolo; non a caso, poi, durante la sua reggenza i francescani istituirono
in sulmona sia il “Monte della Pietà dei denari” (20 ottobre 1471) per cercare di affrancare le classi più derelitte dall’usura praticata dagli ebrei, sia il “Monte della Pietà del grano”, nella chiesa dell’Annunziata, per sfamare i poveri e fronteggiare le carestie, il 25 marzo 1489. Resse la diocesi valvense per più di 27 anni, fino alla morte che lo colpì il 12 giugno 1491; fu però richiamato in vita dal suo grande amico, il Beato Vincenzo dell’Aquila, frate minore del Convento di san Nicola in sulmona, e come riferisce lo storico Ignazio di Pietro «sopravvisse dieciotto altri giorni, dopo de’ quali a 29. Giugno riposò nel Signore». È sepolto nella cripta della Cattedrale di Sulmona e un’iscrizione, sulla lapide sepolcrale, ne ricorda ancor’oggi il magistero.
Questo è troppo. Dici, come un uomo del medioevo, che fu richiamato in vita dal suo grande amico, il Beato Vincenzo dell’Aquila,e «sopravvisse dieciotto altri giorni».
Fabio, il mediorvo è morto e sepolto, siamo nell’ertà moderna.
Queste storielle di miracoli, e che miracoli! la resurrezione dei morti, lascamole agli allocchi.
Ma ce ne sono ancora?