IL DIARIO DI SOLIMO: 11 MAGGIO 1941, IL VANDALO PICCONATORE
Fabio Maiorano – «Sua Eccellenza Guido Cortese, prefetto dell’Aquila, creato prefetto fascista per le sue
numerose benemerenze da lui acquisite nella qualità di autista servizievole e scrupoloso, decretò che si dovesse abbattere il lato sinistro del Corso Ovidio di Sulmona per tutto il tratto intercorrente fra la chiesa della SS. Annunziata e la via di Porta Romana, giusta lo stralcio del Piano regolatore approvato dalle competenti autorità governative, e interessante la demolizione e ricostruzione di quel tratto di strada. L’intempestivo intervento del
prefetto Cortese» chiosa Angelo Maria scalzitti in una delle pagine del libro le poesie di Nasone, che ebbe modo di curare e di pubblicare nel 1962 «non fu di gradimento per nessun cittadino di buon senso e, a onor del vero, per nessuna delle autorità amministrative locali dell’epoca. E ciò per due ordini di ragioni: 1) perché lo stralcio del Piano Regolatore comportava lo stanziamento di due milioni di lire, dei quali uno solo si sarebbe effettivamente recuperato come contributo governativo, mentre l’altro che avrebbe dovuto stanziare il Comune si trovava in mente Dei e ci sarebbe rimasto per molto altro tempo ancora; 2)perché vigendo in Italia le leggi restrittive conseguenti allo stato di guerra, era al momento bloccata ogni facoltà di ricostruzione o anche di semplice rabberciamento provvisorio. Con l’ineluttabile conseguenza che, una volta eseguita la demolizione, avremmo aumentato lo sconcio di quella zona,
senza poterne trarre alcuna speranza di miglioramento; ipotesi che il tempo ha confermato ad usura. Ma il Cortese
non desistette dal suo pensiero e, approfittando della momentanea assenza del podestà, venne a dare il primo colpo di piccone all’infausta demolizione, quasi di nascosto e proditoriamente. Sulmona subì, come sempre ha subìto per ventun’anni, dignitosamente e in silenzio». Con quel maldestro intervento, l’ingresso nord di corso Ovidio è stato privato di una serie di antichi palazzi di pregio che, sebbene danneggiati durante la guerra, se opportunamente restaurati, avrebbero mantenuto e garantito l’identità storica dell’abitato. Invece, a snaturare ogni cosa ha provveduto l’Attila di turno, uno dei tanti burocrati venuti da lontano, sulle “ali” del solito rapace…