I PRODOTTI DEL CARCERE DI SULMONA ALLA SFIDA DEL MERCATO
di Roberto Vena – Dal carcere alla tavola. I prodotti agricoli coltivati dai detenuti nella fattoria della Casa di reclusione di Sulmona varcano i cancelli dell’istituto peligno per un’evasione pacifica verso le cucine della Capitale, regalando agli appassionati di un’alimentazione genuina l’occasione per riscoprire sapori antichi e ormai rari. Da alcuni giorni, il miele, la farina di Solina, i fagioli dall’occhio, tipici della Valle Peligna, i ceci rossi della varietà Navelli e i ceci neri della varietà Castelfrentano sono in vendita nello stand della cooperativa Men at work di Roma nel mercato comunale di Casal de’ Pazzi, lungo la via Nomentana. E altri prodottisi aggiungeranno nel tempo. Da alcuni anni, infatti la vocazione alle colture agricole cui si dedicano gli ospiti della Casa di reclusione di Sulmona è stata particolarmente valorizzata, soprattutto ai fini di un reinserimento lavorativo e sociale di chi ha dovuto scontare una pena detentiva. Il carcere ha ottenuto dal Ministero di Giustizia il riconoscimento di Industria agricola e gli appezzamenti a seminativo all’interno e intorno all’istituto carcerario ospitano arnie per l’apicoltura e sono tutti coltivati a grani speciali, frutta, ortaggi, aglio rosso e legumi di varietà ormai desuete che i dieci detenuti-agricoltori impegnati nell’attività nei campi stanno recuperando con una produzione di nicchia, dopo che l’agricoltura abruzzese ha rinunciato a coltivarle su vasta scala. A breve dovrebbe arrivare anche l’attestazione di fattoria di agricoltura biologica. Inoltre, è in progetto la realizzazione di una serra che permetterebbe anche la coltivazione e la commercializzazione di frutti e verdure fresche, un’iniziativa rallentata dall’emergenza sanitaria. A incentivare i progetti agroalimentari è stata anche la spinta della Regione Abruzzo che quattro anni fa ha affidato alla fattoria del carcere sulmonese una precisa missione: riscoprire colture scomparse dai campi e dalle tavole e operare da custode della biodiversità regionale. La Banca dei semi agricoli autoctoni ha perciò consegnato ai responsabili delle colture le sementi di cereali, ortaggi e leguminose rari e a rischio di sparizione e da allora i farmer del carcere sulmonese hanno portato a compimento la missione loro affidata e reso possibile ora anche la commercializzazione di alcuni di quei prodotti. Così, la farina di Solina (prodotta in collaborazione con la coop Cogecstre di Penne, che provvede alla macinatura dei cereali), il miele, e i legumi di specie rare possono ora affrontare anche la “sfida del mercato” sui banchi dello stand della cooperativa sociale Men at Work. Il punto vendita espone prodotti freschi e trasformati provenienti da numerosi istituti di pena italiani: si possono trovare le verdure dell’orto bio di Rebibbia, i tarallini “Campo dei miracoli” di Trani, i biscotti “Dolci evasioni” di Siracusa, il caffè “Galeotto”, la linea di piccola pelletteria in pvc “Le malefatte”, prodotta a Venezia e la gamma di detersivi e prodotti per la cura del corpo realizzati a Trento. “L’obiettivo del nostro progetto solidale è esportare fuori dalle mura carcerarie le produzioni di qualità realizzate dai detenuti – spiega Riccardo Carrera, responsabile della Men at work – Grazie a questi percorsi di formazione e rieducazione è stato possibile aumentare le chance di reinserimento sociale di tante persone desiderose di conquistare una nuova opportunità di vita nella legalità”.