IL PATRIOTA GILBERTO MALVESTUTO COMPIE 100 ANNI

di Annalisa Civitareale
Millenovecentoventuno-Duemilaventuno: cento anni di storia. Cento anni non semplicemente attraversati, ma vissuti intensamente, con passione, coraggio e voglia di testimoniare. Con energia, con quegli occhi che immagino vivi e al contempo malinconici, pure dietro ad uno schermo, ora che l’emergenza sanitaria impone distanza anche al dovere e alla bellezza di raccontare. I cento anni sono quelli di Gilberto Malvestuto, sottotenente della formazione partigiana della Brigata Maiella, al fianco di Ettore Troilo nelle giornate che segnarono la Resistenza e regalarono all’Italia il sogno della Libertà. Nato a Sulmona, il 17 aprile 1921, Malvestuto, ufficiale al comando della sezione mitraglieri della Compagnia pesante Mista dal 1943 al 1945, oggi taglia il traguardo delle cento candeline. L’emergenza sanitaria renderà impossibili i festeggiamenti che una simile ricorrenza avrebbe meritato, ma non impedisce di rendere il dovuto e sentito omaggio al più anziano reduce della Brigata Maiella, unica formazione partigiana decorata di medaglia d’oro al valor militare e alla bandiera. Omaggio ad un uomo di libertà, uno di quelli che ha fatto la storia, perché, come direbbe De Gregori, “è la gente che fa la storia”. E lui, il tenente Malvestuto, la storia l’ha fatta davvero, nei giorni della liberazione di Brisighella il 4 dicembre del 1944 o all’alba del 21 aprile 1945 quando, con i suoi uomini, fu tra i primi ad entrare a Bologna, accompagnato dallo sventolio di drappi tricolori da balconi e finestre, ma anche come esponente dell’Istituto abruzzese per la storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea e come autore del libro “Sulle ali della memoria per non dimenticare” che raccoglie le pagine del suo diario di guerra tenuto dal novembre 1944 al 1 febbraio 1945.

 Tenente, compie cento anni, traguardo prezioso per la vita di un uomo. Per lei cosa significa?

«Provo tanta amarezza perché sono pienamente consapevole di avere la mia vita ormai alle spalle».
Ha attraversato un secolo e vissuto da protagonista gli eventi che hanno portato alla liberazione del nostro Paese: se dovesse sintetizzarlo in due momenti storici, il più difficili e il più bello, quali sceglierebbe? “L’evento storico per me più difficile è stato senz’altro l’armistizio dell’8 settembre 1943. Ero stato appena nominato sottotenente e inviato a Montepulciano Scalo per il servizio di prima nomina. Qui l’8 settembre, siccome non c’erano ordini superiori, trascorsi alcuni giorni in allarme e poi ottenni l’autorizzazione a lasciare la caserma per pormi in salvo. Abbandonai l’uniforme di Ufficiale dell’Esercito italiano presso una abitazione privata e a piedi iniziai la via del ritorno a casa cercando di evitare l’incontro con le pattuglie tedesche. A Sulmona mi diedi alla clandestinità e riuscii a sfuggire alle numerose retate. L’evento storico per me più bello è stato senz’altro la liberazione di Bologna all’alba del 21 aprile 1945. Ne ho un ricordo nitido… la folla assiepata lungo via Rizzoli, in via Indipendenza e in tutte le altre che mi sono rimaste nel cuore, come il bacio di una ragazza che mi disse: ”Grazie, tenente!”.»

Lei è stato ed è uomo e testimone di libertà e di Resistenza, in nome della patria. Quale significato hanno per lei queste parole e questi ideali oggi? Sono ancora attuali? «Sono parole che non perdono mai di significato. Patria viene dal latino e significa che dobbiamo appartenere tutti alla stessa comunità, mentre libertà significa vivere senza costrizioni e io sono sempre stato uno spirito libero.»

Ha incontrato uomini importanti, Capi di Stato, e ricevuto importanti onorificenze come Ufficiale della Brigata Maiella. C’è una persona o un riconoscimento a cui è particolarmente legato?

«Un incontro emozionante è stato quello con il presidente Sandro Pertini, ma sicuramente la persona a cui sono particolarmente legato”, ricorda con commozione “è stato il mio comandante Ettore Troilo. Per me è stato come un padre».
I giorni che stiamo vivendo da oltre un anno a questa parte a causa della pandemia da Covid-19 rappresentano una dura prova per tutta l’umanità, come già la guerra. Condivide l’idea di chi ritine quella che stiamo vivendo una nuova guerra?

«La guerra è un’altra cosa che chi non ha vissuto non può capire… Comunque questo virus ci ha stravolto la vita e ci ha privato delle nostre libertà… Soprattutto mi ha separato dai miei familiari che amo tantissimo. Anche il giorno del mio compleanno non potrò essere con loro come avrei voluto…»
Il suo rapporto con le giovani generazioni è sempre stato molto sentito e intenso. Si sente di dare loro un messaggio, anche in questo momento così difficile?

«Amate la libertà… sempre e comunque.