IL DIARIO DI SOLIMO: 20 FEBBRAIO 1526, I PRINCIPI VENUTI DALLE FIANDRE
Fabio Maiorano – Tra gli artefici della vittoria sui francesi nella battaglia di Pavia (1525), il generale Carlo de Lannoy ebbe in dono dall’imperatore Carlo V, con diploma del 20 febbraio 1526, le città di Sulmona e di Ortona a mare, su cui vantò il titolo di principe per sé e per i suoi discendenti, unitamente al controllo sulla doganella d’Abruzzo della mena delle pecore. Già Viceré del Regno di Napoli nel 1522 e conte di Asti, Carlo de Lannoy era di origini fiamminghe e morì a Gaeta prima di prendere possesso di Sulmona; ne fu erede il figlio primogenito Filippo, avuto da Francesca de Mombel, che nel 1532 sposò Isabella Colonna, vedova di Luigi Gonzaga, detto il Rodomonte. A Filippo I, che si spense nel 1553, successe il figlio Carlo II, consorte di Costanza del Carretto, dei marchesi di Finale, che però non gli dette discendenti; morì nel 1568 a Napoli, meno che trentenne, dopo aver abdicato già dal 1559 in favore del fratello Orazio, 4° principe di sulmona, che mantenne la signoria per 38 anni. Orazio sposò Antonia d’Avalos, figlia di Alfonso, marchese del Vasto e Pescara, dal quale ebbe Filippo II, che divenne 5° principe di Sulmona nel 1597; dalla moglie Porzia de Guevara, Il principe di Sulmona Carlo di Lannoy Filippo II ebbe un solo figlio, Orazio II, perché morì nel 1600, a soli 25 anni; purtroppo, anche il figlio perì prematuramente, nel 1604, per le gravi ferite alla testa provocate da una palla di ferro caduta dalla sommità del baldacchino del letto. Con Orazio II si estinse la dinastia de Lannoy che aveva signoreggiato Sulmona per 77 anni. Ben quattro esponenti di questa famiglia furono cavalieri dell’Ordine del Toson d’Oro: Carlo I, 140° cavaliere, ricevuto nell’Ordine nel 1515; il figlio Filippo accolto nel 1546 con il brevetto n. 201; Carlo II che vestì l’abito nel 1559 (brevetto n. 240) e il fratello Orazio, cavaliere nel 1585, brevetto n. 258. Il collare del Toson d’Oro circonda lo stemma di casa Lannoy sulla fontana di Sant’Agata, al borgo Pacentrano.