IL DIARIO DI SOLIMO: 8 FEBBRAIO 1993, PER NON DIMENTICARE

Fabio Maiorano – Dopo lo sceneggiato televisivo Scoop con Michele Placido (1991), e il film Parenti Serpenti
di Mario Monicelli (1992), per il terzo anno consecutivo Sulmona è stata scelta come set cinematografico. Proprio oggi, infatti, alla base logistica di Fonte d’Amore, tra le baracche del famigerato Campo di prigionia 78, sono state girate le ultime scene degli “esterni” del film Ferramonti, una storia vera, imperniato sulla tormentata vicenda d’amore che l’ebreo polacco Moshe (nell’inferno di Treblinka ha perso moglie e due figlioletti) e la giovane rodese Miriam, deportata dalla Grecia, “vissero” nel campo d’internamento costruito dal regime fascista a Ferramonti di Tarsia, in Calabria. Al termine di quindici giorni di lavorazione a Fonte d’Amore, con 450 comparse reclutate in città, il set sarà trasferito nei prossimi giorni alla stazione di Palena, ancora immersa nella neve, per immortalare le drammatiche scene della “fuga dal treno”. Ispirata all’omonimo libro di Carlo Spartaco Caponegro, la pellicola prodotta da Maximago e Istituto Luce simboleggia la ritrovata unità del popolo ebraico che, superando non senza tensioni e contrasti ogni diversità etnica, politica e culturale, cerca disperatamente di ritrovare forza e dignità per resistere alla distruzione fisica e morale messa in atto dalla follia nazista. Inoltre, la pellicola descrive gli
atteggiamenti e le reazioni delle varie comunità ebraiche di fronte alle persecuzioni (dalla rassegnazione dei più alla ribellione armata dei giovani sionisti) e riguardo alla “questione politica” che per molti s’identifica nelle nazioni di provenienza, per altri nell’ideale di una patria unica, la Palestina. E sarà proprio l’amore tra Moshe (interpretato da Maurizio Donadoni) e Miriam (Silvia Cohen) a cementare le speranze e a permettere a quegli ebrei– che avranno solidarietà e aiuti dalla popolazione di Ferramonti – di sfuggire alle retate dei nazisti in ritirata. La stessa e indimenticabile pagina di storia scritta dal Campo 78 di Fonte d’Amore in Sulmona che, allestito negli anni del primo conflitto mondiale per i prigionieri austro-ungarici, nella seconda guerra mondiale “ospitò” tremila soldati britannici
e del Commonwealth: la sera dell’8 settembre 1943, nelle ore successive alla firma dell’armistizio, il vice comandante del Campo, il maggiore Rocco Santacroce, decise di aprire il cancello d’ingresso per favorire la fuga dei prigionieri, in maggioranza sfamati e nascosti dalla popolazione della conca Peligna – a rischio della stessa vita – e accompagnati oltre la linea Gustav, nei centri del versante orientale della Maiella già liberati dalle truppe alleate: un’esemplare pagina di solidarietà che è valsa alla Città di Sulmona la medaglia d’Argento al valor militare.