E’ DAVVERO NECESSARIO ODIARE?

Alessandro Lavalle Di questi tempi, mio malgrado, è sempre più presente una delle forme più deplorevoli di odio; già l’odio di per sé è un sentimento che andrebbe evitato, sia per sé sia per un prossimo, e questa particolare manifestazione non fa eccezione. Oggi tutti odiano tutti senza un motivo, e se c’è non è uno che giustifica una forma così puntigliosa e radicata di odio: si odia la gente per chi decide di amare, si odia la gente perché venera un Dio sconosciuto, si odia la gente perché ha un colore di pelle diverso, si odia la gente perché il suo sesso viene giudicato inferiore, si odia la gente perché non si ha di meglio da fare.

Tutto questo odio, tutto questo rancore che si prova verso il prossimo lo trovo assolutamente ingiustificato; oggi come oggi abbiamo tutti i mezzi e le conoscenze per risolvere qualsiasi tipo di problema sociale, problemi che, a mio parere, avrebbero dovuto cessare di esistere da soli già da parecchi anni; il motivo per cui ci sono rimasti appiccicati e non ancora li riusciamo a risolvere, è perché noi non vogliamo che se ne vadano. E’ singolare come più noi proviamo disgusto per questa nostra prassi, più noi troviamo difficile distaccarcene; è una situazione circostanziale: i nostri tempi tranquilli generano la necessità di tumulti, tumulti che si limitano a generare problematiche tanto minori quanto fastidiosamente complesse e delicate.

Odiare oggi è divenuto un abito formalmente indossato da tutti (in maniera differente di persona in persona); una maschera da indossarsi ogniqualvolta ci troviamo a confrontarci con qualcosa estraneo alle nostre abitudini, qualcosa di diverso, qualcosa di cui abbiamo paura, qualcosa che irrazionalmente definiamo come una minaccia al nostro “equilibrio”.

Non v’è nulla di innaturale nell’assumere un atteggiamento aggressivo nei confronti dell’ignoto: è una reazione istintiva, ma è proprio nella sua istintività che si cela la sua deficienza di significato; è necessario, come è altrettanto naturale, sviluppare nel tempo una forma di tolleranza verso il prossimo, perché non possederla comporta una sostanziale restrizione di opportunità e informazioni: entrambe vitali per un sano sviluppo dell’individuo. E’ difficile per alcuni di noi distaccarsi da questo odio, per alcuni è difficile accettare che esista o perfino fare qualcosa a riguardo; l’odiatore è divenuto il mestiere e malessere del nuovo millennio, un ruolo che ha un discreto potere di soggezione all’interno dei nuovi mezzi di socializzazione e che, a causa della sua minoritaria area di competenza, non riceve l’attenzione che meriterebbe come problematica sociale. Queste persone sono tendenzialmente propense ad ignorare i danni che provocano agli individui da loro scelti come sfogo del loro odio, ne aggirano le conseguenze rifugiandosi dietro l’ampiamente accettato alibi dello “scherzo”, generando quindi una forma di umorismo cinica e perversa che rimane incompresa sia dalle vittime (che non comprendendone il motivo sono capaci solo di ignorarla) sia da coloro che ricoprono un ruolo necessario a rimettere in riga gli odiatori (che si limitano – in parte – a dare per buono l’alibi precedentemente citato).

Essendo io stesso uno spettatore di questo circolo vizioso, posso solo – trovandomi all’interno della problematica – dare un giudizio che per quanto imparziale si rivelerà sempre propenso alla denuncia di questi individui; individui che trovano la loro forza nello schernire i più deboli per amore, pelle, religione, sesso o pensiero. Non trovo soluzione se non nell’effettuare una presa di coscienza riguardo questo problema e, di conseguenza, denunciarlo come manifestamente sciocco ed insensato, quindi ridimensionandone sostanzialmente l’area di manovra che forniva agli odiatori.

A volte basta veramente rendersi conto che un problema esiste per siglare la sua inevitabile sconfitta; dunque basta solo, a mio parere, palare a cuore aperto per far smettere di odiare.