RIANIMAZIONE A SULMONA SOLO PER COVID E PAZIENTE NON COVID TRASFERITA A POPOLI

E’ stato necessario trasferire nel reparto Rianimazione dell’ospedale di Popoli una paziente che in mattinata era stata sottoposta ad un intervento in regime di Day Surgery nell’ospedale di Sulmona e che successivamente ha avuto complicanze. La Cisl Medici chiede all’Asl di sciogliere il nodo della situazione dell’ospedale dell’Annunziata che pur non essendo ospedale covid si trova a dover affrontare in toto l’emergenza, con tutti i disagi e difficoltà conseguenti. “Purtroppo con una tempestività, che mai avremmo voluto registrare, questa notte è accaduto ciò che il sindacato aveva paventato all’Azienda solo qualche giorno fa” sottolinea Gianna Tollis, responsabile della Cisl Medici. “Nemmeno ad Avezzano o a L’Aquila ma a Popoli, che se nell’immaginario comune è vicino a noi, in realtà afferisce ad un’Azienda Sanitaria diversa con un danno anche economico” precisa l’esponente sindacale. “L’unica Rianimazione del nostro nosocomio infatti non può ricoverare attualmente pazienti non affetti da patologia da coronavirus proprio per la presenza di pazienti covid ricoverati. Qualche giorno fa la Cisl ha chiesto, considerato che non siamo più in una condizione di emergenza, di restituire alla Rianimazione di Sulmona la sua naturale vocazione, a servizio delle unità operative del nosocomio peligno” spiega Tollis precisando che “tale richiesta, ovviamente, non pone in secondo piano i pazienti affetti da coronavirus. Se, infatti, nel momento di massima diffusione, quando non c’erano più posti nelle Rianimazioni dedicate, era giusto ricoverare il paziente su qualsiasi posto letto fosse a disposizione e in grado di curarlo, le condizioni odierne sono completamente diverse. Sulmona non è un ospedale covid e non a caso perché per tipologia non può esserlo. Non abbiamo la possibilità di dividere le assistenze intensive, non abbiamo le figure professionali richieste né i servizi sono pronti e preparati ad affrontare la malattia da coronavirus. Dunque poichè la salute è un diritto sancito dalla Costituzione e la sanità pubblica deve essere in grado di garantirla nel migliore dei modi e nella diffusione più capillare possibile, è giusto che una sola patologia, tra l’altro così dirompente e particolare, sia centralizzata nelle strutture dedicate affinchè il resto delle strutture sanitarie, soprattutto quelle squisitamente territoriali e più vicine alle persone, possano garantire la sanità ordinaria”. “L’altro aspetto, da non sottovalutare, è che con questo stato di cose, le scelte, sia quelle compiute sul territorio sia la loro legittimazione aziendale, determinano un ulteriore impoverimento del nostro ospedale. Le unità operative e chi vi lavora sono fermi proprio perché è difficile pensare alla possibilità di fare, in medicina, senza tenere conto delle complicanze. In un sistema in cui contano i numeri, ovviamente tutto questo determinerà un’ulteriore perdita di attività che porterà inevitabilmente alla penalizzazione di questo ospedale. Che non si tratti di continuare in un percorso di distruzione, già in atto da qualche tempo, di un ospedale e del suo intero territorio?” domanda la rappresentante Cisl.