IL DIARIO DI SOLIMO: 26 NOVEMBRE 1815, TRE SANTI PER UN CONVENTO
di Fabio Maiorano
Come segno di gratitudine, per aver pacificato le nobili famiglie dei Quatrario e dei Merolini, da quasi un secolo in sanguinoso conflitto, la popolazione sulmonese fece munifiche donazioni a S. Giovanni da Capestrano che, lo tramanda la storia, le destinò nel 1443 alla costruzione del convento di S. Nicola della Forma, accanto all’omonima chiesetta che la comunità monastica aveva eretto più di un secolo prima fuori dell’abitato, sulla strada per
Napoli. Dopo aver assolto per secoli al loro magistero spirituale e ad opere di carattere assistenziale e sociale in favore dei poveri, degli infermi e dei diseredati, i frati francescani Osservanti detti anche Zoccolanti dovettero abbandonare il convento nel 1811, a causa del decreto 7 agosto 1809 che, promulgato dal re di Napoli, Gioacchino Murat, abolì tutti gli ordini religiosi assoggettandoli all’autorità dei vescovi. Nel catasto provvisorio, istituito in quegli anni dai francesi, il convento di S. Nicola alla Forma fu indicato con il titolo di “S.Pasquale”, denominazione che in seguito, e per fattori del tutto inspiegabili, scalzò il secolare titolo di S. Nicola. Caduto Murat e tornati i Borboni sul trono di Napoli, il 26 novembre 1815 gli Zoccolanti rientrarono in possesso della struttura conventuale che però, utilizzata nel frattempo come deposito di “polveri e salnitri”, era ridotta in pessime condizioni. Per qualche tempo furono costretti a convivere con la “polveriera” e con le truppe militari di passaggio. Nel 1835, nel regno di Napoli scoppiò il colera e il 27 ottobre il Decurionato, vale a dire il Consiglio Comunale, serrò le porte della città e destinò il convento a “lazzaretto”, con sepoltura dei cadaveri infetti nelle chiese di Montevergine e nell’ex Abbazia Morro-
nese. Destino volle che il terribile morbo risparmiasse Sulmona e negli anni a seguire la situazione parve tornare alla normalità; con l’unificazione dell’Italia, però, la legislazione sabauda fu estesa a tutte le province meridionali (1861), decretando la soppressione degli ordini monastici che divenne esecutiva il 7 luglio 1866; in ogni caso, il Comune ne prese possesso l’anno successivo, come da verbale del 23 ottobre, per adibirlo ad ospedale. Di avviso diverso, invece, era il Governo che avrebbe voluto trasferirvi il carcere ospitato nel monastero di S. Monica, inadeguato e posto all’interno dell’abitato. Il braccio di ferro si protrasse per alcuni anni, finché le parti non trovarono un accordo: il 1° ottobre 1886 si stipulò un atto con cui il Comune acquisì i conventi di S. Monica e di S. Francesco della Scarpa mentre lo stato rientrò in possesso del «fabbricato del convento degli Zoccolanti, denominato S. Nicola, il quale trovasi a confine con gli orti degli eredi del sig. Marchese Mazara, con la pubblica strada e con la chiesa di S. Nicola degli Zoccolanti». Nel 1891, così testimonia la data sul cancello d’ingresso, l’ex convento divenne ufficialmente il “Carcere di S. Pasquale”, sebbene per secoli fosse stato dedicato a S. Nicola. Nel 1890, i Francescani acquistarono dalla famiglia Mazzara il terreno del loro antico orto per edificarvi, a sinistra della chiesa, un nuovo convento. La prima pietra fu benedetta il 23 agosto 1893 ma i lavori si conclusero soltanto nel 1906. Rilevante fu l’opera del Superiore, padre Livio Addari, che ottenne di unire al titolo di S. Nicola a quello di S. Antonio che, amato e venerato dai sulmonesi, cancellò di fatto il nome di S. Nicola. Nel secondo dopoguerra, padre Livio ampliò la struttura per insediarvi un Centro di formazione professionale, un orfanotrofio e una sala cinematografica. Dismesso nel 1984 come carcere, dal 2010 l’ex convento ospita la sezione di Sulmona dell’Archivio di stato; il centro di formazione professionale è inattivo da decenni, la sala di proiezione è stata trasformata in palestra mentre la chiesa ha chiuso
i battenti di recente, dopo la partenza dell’ultimo frate. Tre santi non sono bastati a salvare un convento.