“UN’ALTRA VITA”, LAMBERTI RACCONTA IL SUO DRAMMA E IL SUO RISCATTO DI DONNA
di Astrid D’Eramo
All’imbrunire di una calda giornata autunnale ottobrina, si è discussa oggi, venerdì 2 ottobre,
all’Hotel Meeting Santacroce di Sulmona, la possibilità di ‘Un’altra vita’, che non è solo una reale
prospettiva ma è anche il titolo del libro che ha ispirato il regista Ezio Forsano a girare il film ‘Il
muro del silenzio’ nella poetica città dell’amore e dei confetti. A Francesco Longobardi è
spettato il primo intervento, ed ha esposto un progetto che vuole entrare nelle case, nelle
istituzioni, non solo d’Italia ma del mondo intero, per dar voce a uomini, donne, adolescenti e
bambini, ma soprattutto alle vittime di violenza domestica, psicologica, fisica ed economica.
«Grazie per avermi chiamato a moderare un evento così importante, nonostante la tristezza della
storia. Ma è da questi episodi negativi che dobbiamo far nascere delle idee sane. Qui parliamo di
una donna che nel 2012 si è ribellata al suo uomo, il quale gli aveva promesso un amore eterno,
privo di tristezze, come solo il primo amore può fare. Quest’uomo gli ha dato la gioia di tre figli, che
hanno visto una madre soffrire per vessazioni e soprusi di ogni genere. Una madre che è rimasta
sola, senza amiche, isolata in un mondo che sembrava averle voltato le spalle. Ma una mattina ha
deciso di porre fine a quell’agonia, per dimostrare a sé stessa che se è vero che quell’ultimo atto
malvagio fatto versando l’acido sul corpo le aveva sfregiato il viso, non è riuscito a scalfirle l’anima.
Questa donna oggi è qui presente, ed è Filomena Lamberti, la portabandiera che ha
avuto il coraggio di denunciare quanto è accaduto nelle sue mura domestiche. Filomena io parlo di
te, ma mi sto rivolgendo a tutte le donne. Io ti lancio un invito, vorrei aiutassi tutti noi a capire cosa
sono la violenza e il bullismo, per iniziare così a rieducare il prossimo al rispetto per l’essere. La
gente deve sapere chi sei, deve guardarti, e deve capire fino a che punto può spingersi la crudeltà
umana». Così conclude Longobardi, prima di passare la parola alla signora Filomena
Lamberti che, emozionata, ha raccontato la sua testimonianza. «Sono nata nel 1958 e i primi
approcci con il mio ex sono nati negli anni ’70. Pensavo che la sua gelosia fosse un sintomo di
amore, o preoccupazione, ma ben presto tutto si è rivelato essere una ossessione di possesso, di
cui non riuscivo a liberarmi, facendomi sprofondare nell’isolamento. Ho sempre dato la priorità ai
miei figli, per fargli crescere bene, ma nonostante non siano stati vittime come me, comunque
sono stati testimoni di una violenza che non era assolutamente voluta, ma di cui avevo perso il
controllo. Se potessi tornare indietro, prenderei i miei figli, e andrei via. I ragazzi che vivono queste
situazioni nelle loro case, pensano sia normale, ma non sanno che non è così. Il dialogo e la
sincerità sono alla base di una famiglia, e sono queste le cariche che devono impedire alla violenza
di sfondare la nostra intimità. Dopo aver subito violenza per così tanti anni, ho capito che dovevo
iniziare a rispettarmi, ed è così che ho messo un punto dove, fino ad allora, avevo messo una
virgola. Ho pagato cara la mia decisione, ma anche con la mia indennità violata, oggi sono una
donna libera e ‘me ne frego’ dei pregiudizi delle persone che non sanno e non possono capire il
passo di una donna vittima di violenze. La mia vita era ‘casa-lavoro-figli’, non avevo una vita sociale.
L’isolamento non mi consentiva di parlare nemmeno con la mia migliore amica, perché lei era un
‘pericolo’ agli occhi di quell’uomo. Nel 2012 è accaduto il ‘fattaccio’, la sera prima abbiamo avuto
una discussione e lui mi ha chiesto quali fossero le mie intenzioni, al mio ‘È finita’ è parso quasi
acconsenziente. La stessa notte, mentre ero nel letto, mi ha detto con la bottiglia di acido solforico
sul mio volto :‘Guarda che ti do’. Ed è così che è sparito e mi ha lasciato. Quattro anni di interventi
dolorosissimi non sono bastati a cancellare completamente quanto mi ha causato. Al terzo anno di
ricovero, sono venuta a conoscenza di Spazio Donna, ed ho immediatamente deciso di portare la
mia testimonianza per divulgare il mio messaggio. Tutte le mie amiche, con le quali giro l’Italia da
nord a sud, mi hanno sostenuto per la stesura del libro, che è scritto spontaneamente. Abbiamo
deciso insieme di riiniziare: ‘Un’altra vita’. Per trent’anni io non ho vissuto e questa, per me, è la
mia nuova vita. Purtroppo, dopo essere entrata a far parte dell’Associazione Spazio Donna, posso
constatare che la violenza non cambia con il passare degli anni, le storie sono sempre le stesse e
spesso mi son ritrovata a confrontarmi con ragazze che, nonostante tutto, permettono ai loro
uomini di essere maltrattate. Alcune di loro, come me, hanno avuto la forza di cambiare, altre
continuano a giustificare questi comportamenti, dicendo che è ‘un amore malato’, ma io dico
sempre che l’amore, se è vero, non è malato, l’amore è un sentimento bellissimo». La signora
Lamberti ha concluso così, incitando a tener vivo il fuoco della passione per una causa sincera, che
la presidente dell’Associazione Spazio Donna, la signora Wilma Tabano, ha appoggiato fin dagli
arbori, «Filomena è venuta a Spazio Donna quanto tutto era già accaduto, quando anche il
tribunale e la giustizia le avevano fatto una nuova offesa: il marito era stato condannato a soli 18
mesi di carcere. Filomena mi ha chiesto di testimoniare e io l’ho aiutata a scrivere un libro che
racconta la sua storia, come lei sa e vuole. Nel testo sono presenti interventi di altre persone: di un
giudice che spiega il motivo per il quale è stato condannato a 18 mesi, c’è una lettera del Papa, e di
altri giornalisti. Questi interventi scatenano un certo disagio, perché all’epoca l’Associazione Spazio
Donna era estranea all’argomento ‘violenza’, perché era incentrata sul sostentamento delle donne
nei loro lavori, di qualsiasi genere, e del divertimento. Le donne con noi avevano la certezza che
qualcosa stava cambiando in meglio. In realtà, stavamo tornando indietro. Le magnifiche sorti della
storia vanno avanti quando ci sono delle conquiste, altrimenti si torna indietro. Sono le scoperte
scientifiche e la cultura che mandando avanti il mondo. Ai miei studenti ho sempre fatto l’esempio
della lama tagliente, che può essere usata come molletta o come bisturi, dipende appunto da
come utilizziamo queste scoperte per il progresso. Molte donne non possono più testimoniare,
perché non sono più in vita, e non sono riportati i loro nomi nel libro, ma sono centinaia e
centinaia. Noi parliamo di distonia attuale, ma speriamo nell’utopia di un futuro al quale donne e
uomini collaborino». A confermare il vasto operato di Spazio Donna, l’avvocato Adele De Notaris, legale
dell’Associazione, «Spazio Donna nasce nel 1978, e quotidianamente siamo subissate da donne che
subiscono violenze e chiedono aiuto. Abbiamo creato così la Linea Rosa, collegata a vari centri, con
un telefono che risponde 24 ore su 24. Durante la quarantena molte sono state le richieste di aiuto,
perché erano costrette a stare nelle quattro mura di casa. Non abbiamo lasciato sola mai nessuna
donna. Abbiamo a che fare con persone molto fragili, e vogliamo far capire che la svolta esiste, e
che hanno tutti la stessa possibilità di Filomena. Decidere di denunciare non è facile, anche
separarsi è difficile, perché sembra un fallimento. Ma è giunto il momento di superare quest’ idea
per andare oltre». La conclusione con l’intenso dibattito tra l’avvocato De Notaris e
Longobardi, prima dei numerosi ringraziamenti, ha decisamente sottolineato l’urgenza di
raggiungere al più presto un traguardo «Dobbiamo formare menti per dare stimoli, il bisogno è
immediato. È necessaria una sinergia tra le forze dell’ordine, la magistratura, a vari livelli, ci sono
troppe realtà arretrate», «Se non si conosce la storia, non si conosce il futuro, per questo è
importante leggere».
Agghiacciante! Come puo’ un uomo arrivare a tanto???