KURT KNORR: IL MISTERIOSO PITTORE DELL’ABBAZIA CELESTINIANA

Annalisa Civitareale

Ci sono luoghi che racchiudono al loro interno mille storie, forse tanti quanti gli anni della loro esistenza. È un po’ quello che accade all’Abbazia celestiniana di Sulmona, duecentesca di origine, restauri e rifacimenti importanti come quello settecentesco, luogo di prigionia durante la Seconda guerra mondiale e penitenziario fino al 1993. Dal 2000, dopo l’assegnazione al Ministero per i beni e le attività culturali, è iniziata la serie di lavori che hanno restituito il monumentale complesso a tutta la sua bellezza. L’Abbazia continua a rivelare tracce che illuminano e chiariscono i suoi nove secoli di storia. Tra queste un singolare murale realizzato nel 1944, che copre una vasta superficie (40 metri di lunghezza per 1,60 di altezza), nella sala sopra il monumentale refettorio. Lo scorso anno, durante una sua visita, ha catturato l’attenzione e l’interesse del presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Francesco Sabatini. Il mistero di questo grande dipinto, che porta la data del 1944 e la sigla KK, è stato svelato in un recente articolo  pubblicato sulla rivista “d’Abruzzo”, con i contributi dello stesso Sabatini, del professore Filippo Maria Ferro, dell’Università di Chieti-Pescara, della Soprintendente, Lucia Arbace, e dell’avvocato Lando Sciuba. Il professor Sabatini, con la collaborazione del romanista Harro Stammerjohann, dell’Università di Francoforte sul Meno e Chemntiz, è giunto ad identificare il pittore dell’Abbazia con Kurt Knorr, operante negli anni 1941-‘42 nel teatro Schiller ed in altri importanti teatri di Berlino. Nel 1943 fu soldato di guerra, sul fronte orientale, col grado di caporalmaggiore. Si conosceva già della sua prigionia a Merano nel 1945 e del suo successivo rientro a Berlino, dopo la guerra. “La sua firma sul dipinto di Sulmona”, scrive Sabatini, “riempie il vuoto tra il rientro dal fronte orientale e la prigionia a  Merano, attestando il suo spostamento, forse dalla fine del 1943, sul fronte italiano, nell’armata di Kesserling, ma non sappiamo in quale corpo.” Lo studioso  dedica questa sua indagine ai suoi “concittadini” di Sulmona e alla memoria del pratolano Rocco Di Pillo. Padre di Aldo che lo accompagnò in visita all’Abbazia, Rocco fu incarcerato come antifascista a Pizzighettone e poi deportato in Germania. Un percorso contrario rispetto a quello di Knorr, autore di quel dipinto Sotto il quale campeggia la scritta “unvollndet”, ‘incompiuto’. Non poteva essere un caso, visto che una delle due date era quella del 29 maggio 1944. Il giorno successivo, come annota Sabatini, iniziò  la ritirata delle truppe tedesche da Sulmona ed evidentemente Knorr si congedava così dal suo lavoro. Proprio lì, all’interno del Campo 78, infatti, al momento dell’armistizio italiano (8 settembre 1943) vi si trovavano reclusi oltre 300 prigionieri, tra cui molti prigionieri politici. E proprio lì dimorava, di guardia,  una guarnigione tedesca impegnata nella linea Gustav che affidò a Knorr l’imponente dipinto: cornice gioiosa per i momenti di svago. Il pittore berlinese mescolò nostalgie e ricordi delle campagne tedesche, di verdi laghi e fiumi. Come nota Ferro, le finestre della grande sala segnano la scansione delle diverse scene e l’impressione è quella di stare a teatro, ambienta a Knorr ben noto e molto caro. Le scene dovevamo ricordare quelle della loro Germania lontana, Germania di boschi e nature che, in parte, Knorr rivede in quella terra di “adozione”, seppur in guerra. E quella guerra tornò ad irrompere prepotente con il bombardamento su Sulmona del 30 maggio 1944. Tedeschi in fuga. Bisognava lasciare tutto. Knorr abbandona pareti, colori e pennelli. Ma la storia conserva. E l’arte racconta. Anche dopo secoli.  (a.c.)