QUANDO IL VIRUS UCCIDE ANCHE LA MENTE
La morte del marito ucciso dagli effetti devastanti del coronavirus che si era insinuato, in maniera subdola, in un corpo già debilitato da precedenti patologie, è stato un peso troppo grande da portare e sopportare. Nella sua mente era stata lei la causa della tragica fine del consorte. Lei che non si era mai tirata indietro sul lavoro, nemmeno quando nella clinica è scoppiato il primo caso di contagio. Sempre in prima linea a fare il lavoro che aveva scelto di fare: curare e alleviare le sofferenze delle persone malate che avevano bisogno di lei. Una generosità e un altruismo che contraddistingue chi sceglie di fare l’infermiera che non è un mestiere qualsiasi, ma una vera e propria missione. Il rischio è parte integrante della scelta. Ma per lei aver coinvolto anche i suoi familiari è stato un fatto imperdonabile tanto da sconvolgerle la mente. E ieri sera ha deciso che quel peso che la opprimeva dal giorno stesso in cui aveva accompagnato suo marito nell’ultimo viaggio, andava rimosso. Nel modo, forse, più sbagliato, aggiungendo dolore ad altro dolore. Un angelo le ha impedito di farlo indicandole che la strada giusta non è quella che voleva percorrere ma un’altra, quella della vita. Una strada che le darà ancora tante gioie e tante soddisfazioni da condividere con l’angelo che l’ha salvata.