L’UNICO VELO DA CONTRASTARE È QUELLO DELL’IGNORANZA
di Latifa Benharara
Silvia Romano, la 24 enne volontaria milanese, è stata tenuta in prigionia per 18 mesi tra il Kenya e la Somalia da un gruppo di terroristi di al-Shabaab. È stata infine liberata ed è tornata a casa la scorsa domenica 10 marzo. La felicità della liberazione di una nostra connazionale è durato poco, il tempo di scendere dal volo atterrato a Ciampino, davanti ai riflettori di tutt’Italia dove si mostrò vestita con il jilbab. Dichiarando apertamente la sua conversione all’ islam. Da allora si è scatenato un disprezzo, una rabbia e una intolleranza, dimenticando completamente tutto quello che è stata la sua esperienza di prigionia. Una totale mancanza di rispetto. Un odio per una scelta religiosa. Per quanto in Italia la nostra Costituzione sancisce nell’articolo 19: Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
I primi protagonisti ad avviare questo movimento Silvia-la terrorista, Silvia- l’ingrata sono stati diversi politici, alcune testate giornalistiche, opinionisti di rilievo e personaggi televisivi. Non c’ è da stupirsi poi delle migliaia di commenti sui social, degli insulti e delle minacce di morte che Silvia ha dovuto e continua a subire tanto da spingere la procura di Milano ad indagare.
La rabbia non deriva dal presunto riscatto pagato, ne’ della sua scelta di essere volontaria, tantomeno nel suo essere donna italiana. Ma del suo essere oggi musulmana. Da italiana e da musulmana provo un grande dispiacere per tutto il male che è costretta a subire da parte dei suoi stessi connazionali. Mi dispiace per il dispregio che si ha per lei e per la religione musulmana. Non sono in collera, ma rammaricata. Sono fortemente spinta da una maggiore motivazione nell’aiutare le persone a comprendere il significato dell’islam. Nessun disagio, non metto in discussione la mia fede per chi insulta il mio credo senza conoscerlo. Fino ad una settimana fa si viveva in un clima di apparente fratellanza, il coronavirus non ha fatto distinzioni ne’ di sesso, ne’ di età, ne’ di nazione, tanto meno di fede. Ma è bastato vedere una nostra compatriota abbracciare l’islam per far uscire tutta la rabbia, l ’odio , la negatività repressa. Per mostrare una natura, cosi tristemente aggressiva.
L’amaro è che quando non si parlerà più di Silvia, lei continuerà la sua vita nella fede che ha trovato e che Dio le ha donato mentre tante persone avranno nel loro cuore ancora un profondo rancore.
L’islam è religione di pace e di amore. I credenti si sottomettono alla volontà di Dio, riconoscendo e testimoniando la Sua unicità e che Muhammad è Suo inviato. Cerchiamo di migliorarci ogni giorno, responsabili delle nostre azioni, comportamenti e relazioni con l’obiettivo l’adorazione del Creatore e del Suo compiacimento. Viviamo ispirandoci alle qualità del Divino, ai Suoi nomi più belli, come la misericordia, la compassione, la gentilezza, la pace, il perdono, la pazienza, la riconoscenza, la generosità, la dolcezza, la giustizia, l’essere caritatevole, l’essere amorevole, l’essere fedele. Non c’è spazio alla violenza, all’ odio, alla rabbia, alla tristezza, figuriamoci all’idea di uccidere.
Il Jilbab che per molti ha creato disonore al tricolore è invece un atto di pura devozione che una credente decide di compiere. Io stessa indosso il hijab ed è per me atto di ubbidienza, devozione e amore per Dio, simbolo di modestia e di libertà nel mostrare il mio corpo solo ai miei affetti ristretti.
È ricordarsi del senso del pudore, è darsi la possibilità di non essere strumentalizzata come oggetto sessuale, di essere apprezzata per le qualità legate alla mia persona e non fisiche.
La conversione di Silvia e di chiunque torni all’islam porta alla luce il confine che si è creato tra l’essere italiani e l’essere musulmani come se uno escludesse l’altro. La religione e la cultura sono aspetti soggettivi e in continuo mutamento, fanno parte di un complesso di esperienze, riflessioni, sentimenti e situazioni. Come in altre epoche, cosi oggi viviamo in una società multiculturale, multietnica e multi religiosa.
Possiamo accettarla, apprezzarla e trarne vantaggio. Imparando l’un dall’altro, crescendo come persone e rafforzando la stessa società.
Oppure possiamo negarla, denigrarla e trarne alcun vantaggio.
Ignorando l’altro, restando nel nostro piccolo e rovinarci con le nostre stesse mani.
In teoria siamo in un Paese democratico quindi ognuno è libero di scegliere, ma è sbagliato pensare che le nostre scelte non portino conseguenze future.