CORONAVIRUS, A RISCHIO 10MILA IMPRESE ARTIGIANE ABRUZZESI ED OLTRE 20MILA ADDETTI

Diecimila imprese artigiane abruzzesi rischiano le conseguenze più gravi derivanti dall’emergenza Coronavirus, per un totale di 22.884 addetti. Quelle interessate dalla domanda turistica sono 4.637. Questi i dati elaborati da Confartigianato Imprese Chieti L’Aquila, che parla di “pesanti effetti economici sull’artigianato e sulle piccole imprese a causa dell’emergenza in atto”, sottolineando che “sono a rischio centinaia e centinaia di attività e migliaia di lavoratori”. I settori maggiormente esposti ai rischi, rileva l’associazione, sono nove: alimentare, benessere, comunicazione, esercizi ricettivi, legno-arredo, moda, riparazione e manutenzione macchinari, ristorazione, trasporto e logistica. I problemi sono dovuti non solo alla mancanza di materie prime e al rallentamento dei collegamenti e dei trasporti a livello internazionale, ma anche al clima di incertezza e di paura che si è creato su tutto il territorio nazionale e che ha comportato un drastico calo dei consumi. A questa situazione si aggiunge il crollo delle prenotazioni in ambito turistico, alla vigilia della primavera e dell’estate. Il dato complessivo parla di 9.480 imprese artigiane maggiormente esposte alle conseguenze dell’emergenza in Abruzzo: 2.680 sono nella provincia di Chieti, 2.572 in quella di Teramo, 2.437 in quella di Pescara e 1.791 nella provincia dell’Aquila. Le attività artigiane interessate dalla domanda turistica sono 1.336 nel Teramano, 1.254 nel Chietino, 1.089 nel Pescarese e 958 nell’Aquilano. “Mentre l’artigianato e le piccole imprese continuano a fronteggiare gli effetti di una crisi che non sembra superata – sottolinea il direttore generale di Confartigianato Chieti L’Aquila, Daniele Giangiulli – l’emergenza Coronavirus sta letteralmente mettendo in ginocchio l’economia regionale, anche se in Abruzzo la situazione, dal punto di vista sanitario, continua ad essere sotto controllo. Serve una cabina di regia unica, composta da Regione Abruzzo e parti sociali, che possa elaborare un piano reale e concreto per il supporto alle imprese e ai lavoratori. Auspichiamo che la Regione provveda nell’immediato ad individuare misure di sostegno reali”. “I circa 300 milioni di euro residui dei fondi Fesr, Fse e Psr – aggiunge il direttore – vengano utilizzati per un Patto di Crescita e di sostegno all’Abruzzo. Contestualmente bisognerebbe chiedere all’Ue di prorogare i termini di conclusione dei programmi operativi 2014/2020 Fesr, Fse e Psr di un anno, derogando alla regola dell’N+3”. “Gli aspetti sanitari sicuramente hanno e devono avere la priorità, ma, al contempo, è necessario affrontare anche gli aspetti economici. Altrimenti – conclude Giangiulli – c’è il rischio che l’Abruzzo, con tutte le sue fragilità, debba fare i conti per anni con le conseguenze di questa situazione”.