MEDAGLIE D’ONORE ALLA MEMORIA DEI FRATELLI VALERI DEPORTATI NEI LAGER NAZISTI

Medaglie d’onore per i fratelli sulmonesi Antonio, Silvio e Panfilo Valeri, che negli anni della seconda guerra mondiale patirono la prigionia in un lager nazista, riuscendo miracolosamente a sopravvivere a quella terribile esperienza, tornando infine nella propria casa di Sulmona. A distanza di 75 anni, lo Stato concede loro il giusto riconoscimento che verrà consegnato ai familiari, nel giorno della memoria. Martedì prossimo 28 gennaio, successivamente alla celebrazione della giornata della memoria, il prefetto di Roma consegnerà ai discendenti dei tre fratelli medaglie d’onore assegnate ai cittadini italiani deportati ed internati nei lager nazisti. Un riconoscimento ottenuto grazie all’impegno del nipote Mauro Alibranti  che è riuscito, nel corso degli anni, a raccogliere documenti, foto e altre prove che attestano il lungo periodo di prigionia vissuto dai tre fratelli. Oggi a Sulmona nella casa di via Morrone dove aveva vissuto la famiglia Valeri, risiede ancora la moglie di Panfilo, la signora Adele che ha 93 anni e che, per motivi di salute non potrà essere presente a Roma per ritirare il riconoscimento del marito. La sera dell’8 settembre del 1943, quando con la firma dell’armistizio da parte dell’Italia, i tedeschi avviarono le rappresaglie nelle case degli italiani, anche la casa dei Valeri fu sottoposta a stretti controlli con Antonio e Silvio,  entrambi ufficiali, il primo dell’Esercito e il secondo della Marina, che per aver rifiutato di aderire alla Repubblica sociale di Mussolini, a Salò, furono deportati nei campi di concentramento di Dachau e Graz. Stessa sorte toccò a Panfilo internato in un lager tedesco. Nel corso della prigionia Antonio conobbe un altro sulmonese, il tenente Iacovone che morì di stenti proprio tra le sue braccia e al quale è stata intitolata una piazza nel popoloso quartiere dei Cappuccini. Con la morte di Hitler Antonio viene liberato ad Amburgo mentre Silvio in quei giorni si trovava a Graz anche lui liberato insieme all’altro fratello Panfilo. Tornati liberi, tutti e tre riuscirono a rientrare a Sulmona dove ad attenderli c’era la madre. Un’esperienza drammatica, segnata da continue sofferenze e dure privazioni, che non hanno mai raccontato se non al nipote Mauro il quale, giorno dopo giorno è riuscito, dopo la loro morte, a ripercorrere attraverso i documenti tutta la loro storia di deportati di guerra, che oggi viene consacrata dal riconoscimento attribuito dal prefetto di Roma.